Cronaca nera

Voleva cambiare lavoro: ucciso e fatto a pezzi. Confessano i due killer

Mohamed aveva trovato uno stipendio più alto. I gestori del salone lo hanno eliminato

Voleva cambiare lavoro: ucciso e fatto a pezzi. Confessano i due killer

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Voleva lasciare l'impiego perché aveva bisogno di guadagnare di più per aiutare la famiglia. Un affronto per i suoi datori di lavoro, che lo hanno «punito» uccidendolo, smembrando il cadavere, tagliando testa e mani con una mannaia e spezzando le ossa per portarlo via in una valigia.

Si è definito con il passare delle ore il quadro della morte di Mahmoud Abdalla, il 19enne egiziano il cui corpo mutilato è stato ritrovato in mare davanti a Santa Margherita Ligure il 24 luglio. Il delitto è scaturito da una lite tra il ragazzo e il titolare del negozio di barbiere dove lavorava a Chiavari. Un esercizio commerciale che la vittima stava per lasciare per passare a un altro. I carabinieri hanno raccolto prove schiaccianti nei confronti di Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel, detto Bob, egiziano di 26 anni residente a Genova e di Mohamed Ali Abdelghani Ali, detto Tito, connazionale di 27 anni residente a Chiavari, accusati ora di omicidio volontario aggravato e soppressione di cadavere. E ieri i due hanno confessato. Tra le tante testimonianze una in particolare segna un punto importante: Bob aveva detto a uno dei dipendenti della sua barberia di Chiavari che Mahmoud era morto un'ora prima che venisse recuperata la prima mano mozzata sulla spiaggia.

Abdalla era stato visto per l'ultima volta domenica pomeriggio, inquadrato da una telecamera vicino al luogo dove dormiva. Un'altra aveva ripreso i due presunti assassini, gestori di una catena di negozi di parrucchieri, mentre prendevano insieme un taxi domenica pomeriggio e la testimonianza del tassista li ha inchiodati. Il racconto di Bob e di Tito non coincide del tutto. Il primo ha spiegato che il secondo avrebbe litigato con Abdalla e gli avrebbe inferto varie coltellate e che lui avrebbe provato a frapporsi tra i due. Compiuto il delitto, Tito lo avrebbe minacciato di morte se avesse parlato, costringendolo ad aiutarlo a portare via il corpo in una valigia. Una volta a Chiavari, i due avrebbero portato il cadavere nel retrobottega della barberia di corso Dante, dove sarebbero tornati successivamente per portare il corpo verso il torrente Entella e poi sulla spiaggia, dove Tito avrebbe mutilato il cadavere tagliandogli mani e testa e lo avrebbe gettato in mare.

A sua volta, Tito ha confessato, dando una versione ritenuta non convincente. Abdalla avrebbe, a suo dire, litigato con Bob, la vittima avrebbe minacciato di denunciarli e avrebbe afferrato un coltello. Tito ha raccontato di avere cercato di disarmarlo e di essersi tagliato una mano. A quel punto, la vittima sarebbe caduta sulla lama procurandosi un taglio letale. Nel corso del confronto con gli inquirenti, Tito avrebbe poi confessato di aver colpito Abdalla con un fendente per difendersi, ma ha affermato di averlo colpito solo una volta. L'indagato non avrebbe saputo spiegare i reali motivi del litigio e nemmeno perché Abdalla presentasse varie ferite all'addome, sostenendo di essere scappato e che forse poteva essere stato Bob a procurargliele.

In realtà il movente è stato scoperto grazie al racconto fatto dal titolare di una barberia di Sestri Ponente, a cui Abdalla aveva chiesto di poter lavorare il 22 luglio. L'uomo, dopo il colloquio, sarebbe stato minacciato da Tito e Bob, che gli avrebbero intimato di non assumerlo, temendo di perdere clienti. Ma Abdalla era stanco di lavorare con i due connazionali per 1.200 euro al mese, che non gli bastavano più per aiutare genitori e fratelli.

Così, per non perderlo, Bob e Tito lo hanno massacrato.

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