Roma

Promozione commerciale: le imprese laziali siglano l’accordo con Pechino

Unioncamere e Confindustria in missione nel Sol Levante per esportare il modello Lazio

nostro inviato a Pechino
Un protocollo d’intesa siglato tra Unioncamere e Confindustria Lazio e la sezione di Pechino del Consiglio cinese per la promozione del commercio internazionale, il Ccpit, è la prima impronta concreta lasciata dalla missione in Estremo oriente di Andrea Mondello e Giancarlo Elia Valori. I due, nella capitale come portabandiera del sistema Lazio, sono arrivati alla guida di una delegazione di circa 50 imprenditori della nostra regione. L’accordo è stato siglato ieri con il presidente del Ccpit, Zhou Mao Fei, e si propone di preparare il terreno per sviluppare la cooperazione economica tra le imprese laziali e quelle della capitale asiatica. I due organismi camerali e l’associazione degli industriali presieduta da Valori lavorano per aprire una strada a doppia corsia tra il Colosseo e la Città Proibita, favorendo il reciproco scambio di delegazioni economiche, la partecipazione delle imprese cinesi alle fiere italiane e viceversa e impegnandosi, entro novembre, a mettere nero su bianco «un piano operativo su base annuale finalizzato a promuovere le reciproche opportunità di affari». Turismo, hi-tech, telecomunicazioni, commercio, farmaceutica, ambiente e riqualificazione edilizia: i settori di potenziale cooperazione sono tanti, le difficoltà pure. Il protocollo arriva al terzo giorno di lavoro, e sia Mondello che Valori lo salutano come un risultato importante, pur se il presidente di Unioncamere ammette che si tratta di «un semplice ma fondamentale punto di partenza». «Di fronte a una nazione che produce alta qualità a basso prezzo potevamo decidere di abbandonare la partita o invece rendere il nostro tessuto imprenditoriale complementare rispetto alla Cina», chiosa Mondello. «Scegliendo questa seconda ipotesi – prosegue – perderemo qualcosa sui prodotti a basso costo, ma guadagneremo sulla creatività e sul turismo». «Siamo alla vigilia di due importanti eventi che la Cina sta organizzando – racconta invece l’ex numero uno delle Autostrade, che qui a Pechino ha fatto fruttare la sua consolidata rete di rapporti – e la nostra delegazione, pur essendo regionale, è stata accolta con grande favore da esponenti di primissimo piano di questo Paese, come il vice primo ministro Hui Liang Yu, a cui ho tenuto a ribadire che l’accesso delle imprese laziali al mercato cinese deve avvenire attraverso joint venture». Spesso, infatti, nel passato è accaduto che le tecnologie italiane finissero «sprecate», cedute a società sulle quali non si aveva alcun potere senza valida contropartita, come nel caso delle macchine tessili progettate e costruite nel nostro Paese e poi «svelate» alla Cina dopo un transito per la Germania. Ma proprio questo bagaglio tecnologico, insieme alla fantasia, rappresenta il patrimonio delle Pmi nostrane, ricorda Roberto Polidori, vicepresidente di Federmoda Italia. «Se qui ci copiano la merce, qualcosa vorrà pure dire: che piace», spiega ancora Polidori, che ieri ha preso parte agli incontri bilaterali dei 40 imprenditori laziali con 200 operatori economici cinesi. Un faccia a faccia che ha riportato un cauto ottimismo anche tra le aziende della nostra regione sulla possibilità di fare business nel Paese del dragone, dopo l’iniziale scetticismo: altri workshop (con rappresentanti di sei province cinesi: Pechino, TianJin, Hubei, Hebei, Shandong e Hunan), sono in calendario tra oggi e domani. Quello che sembra scontato, intanto, è che né Confindustria né Unioncamere Lazio vogliano piantare le tende sotto i tetti a pagoda della capitale cinese, inaugurando una propria sede qui. Il gioco non vale la candela, spiega Mondello, che invece di promuovere una profilerazione di «ufficetti» immagina di «contattare, appena rientrati in Italia, il presidente dell’Istituto per il commercio con l’Estero, Umberto Vattani, per la creazione di una struttura unica». Valori e Mondello hanno ricordato come i cinesi si siano dimostrati entusiasti del futuro nuovo polo fieristico romano come vetrina, e hanno anche fatto una prima richiesta informale per iniziative di marketing territoriale al Parco della Musica.

E se buona parte dei cinese deve vedersela con condizioni di vita proibitive, c’è una nuova classe dirigente già pronta a riversarsi nella Capitale italiana per spendere i propri Yuan.

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