Cronaca locale

Roma, agente di polizia lasciava il lavoro per molestare una donna

Il fatto a Roma, dove un agente della penitenziaria era solito abbandonare il turno per molestare una trentenne di cui si era invaghito

Roma, agente di polizia lasciava il lavoro per molestare una donna

Invaghitosi di una donna di trent'anni, un agente della Polizia Penitenziaria di 56 anni, avrebbe abbandonato furtivamente il turno di guardia a Rebibbia per poter raggiungere l'oggetto del suo desiderio, e molestarlo.

La vicenda a Roma, raccontata da Il Messaggero, è finita in Tribunale. L'uomo lasciava di nascosto il posto di lavoro presso il carcere della capitale per andare a compiere atti osceni davanti a una donna, per strada.

Il responsabile delle violenze, un signore di cinquantasei anni, avrebbe provato a giocarsi la carta dell'impegno lavorativo, ma l’alibi della permanenza in servizio – da quanto si legge – non renderebbe meno pesanti le accuse contro l'assistenza capo della Polizia Penitenziaria.

Luomo, infatti, è stato arrestato nei mesi scorsi – il 12 agosto 2019, per l’esattezza – con l'accusa di aver molestato in due diverse occasioni (entrambe di notte, in data 15 giugno e a fine del mese di luglio) una donna di trent'anni, in località Conca d'Oro, a Roma Nord-Est.

Il quotidiano capitolino scrive infatti che "la Procura ha aperto un nuovo fascicolo contestando anche l'accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato, mentre per il reato di violenza sessuale è già stato disposto l'immediato cautelare". L'assistente capo, secondo il magistrato, avrebbe interrotto il turno di servizio, per cui veniva regolarmente retribuito, per uscire e fare altro. Da qui, appunto, anche l'accusa di truffa ai danni dello Stato.

Secondo il giudice che ad agosto ha firmò l'arresto, l'agente, tuttora detenuto in cella, avrebbe usato "modalità seriali e impulsi sessuali irrefrenabili".

L'interrogatorio e l'alibi

Il primo episodio, come detto, risale alla notte tre il 15 e il 16 giugno 2019. Una notte in cui l'agente ha sostenuto di essere a lavoro e di esservi rimasto: "La notte tra il 15 e il 16 giugno ero di turno notturno nel carcere di Rebibbia, risulta agli atti di servizio. Quel molestatore seriale non sono io. Vi sbagliate". Per poi aggiungere: "In servizio a Rebibbia è impossibile allontanarsi dal posto di lavoro senza allertare gli altri colleghi di turno".

Ma gli inquirenti non si sbagliavano affatto. Gli investigatori, dopo aver disposto la misura cautelare nei confronti del 56enne, hanno ripercorso, tracciandoli, tutti i movimenti del sospettato grazie alle analisi sullo smartphone, venendo così a conoscenza delle celle cittadine alle quali il telefono si era agganciato in quelle ore.

E dagli accertamenti è emerso che il cellulare del poliziotto si era agganciato alla cella della zona di Rebibbia per poi sposarsi, però, ad un altro quartiere della Città Eterna, per fare ritorno infine – e solo dopo tre ore – al penitenziario.

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