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Sarkozy segue Bush sulla via di Pechino «Il presidente andrà alle Olimpiadi»

La stampa francese rivela la decisione del capo dell’Eliseo

Le Olimpiadi e la politica sono amiche di vecchia data. Quando nel 1979 i blindati sovietici entrarono in Afghanistan, l’allora presidente americano Jimmy Carter impose alla squadra degli Stati Uniti il boicottaggio dei Giochi dell’anno dopo. Non impose però in questo modo il ritiro dei russi dal Paese. Oggi, la lista dei leader mondiali che non parteciperanno alla cerimonia inaugurale delle Olimpiadi a Pechino, l’8 agosto, si sta accorciando, dopo che il quotidiano francese Le Monde ha rivelato le intenzioni del presidente Nicolas Sarkozy, che annuncerà ufficialmente la sua presenza la settimana prossima al G8 in Giappone.
Le associazioni per i diritti umani chiedono ai leader mondiali di boicottare l’evento in protesta contro l’abuso dei diritti umani in Cina e le repressioni di Pechino in Tibet. Giovedì, il presidente americano George W. Bush ha fatto sapere che l’8 agosto ci sarà, assieme alla first lady Laura. Volerà a Pechino anche la famiglia reale spagnola: il re Juan Carlos, il principe Felipe e la principessa Letizia. Il ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi, in visita a Madrid a giugno, ha chiesto, al premier José Luis Rodríguez Zapatero di convincere i leader a non boicottare i Giochi. Restano ancora fermi nei loro propositi la cancelliera tedesca Angela Merkel e il primo ministro britannico Gordon Brown, che non andranno all’inaugurazione. Entrambi sono stati molto attenti a precisare che la loro assenza non è un gesto politico. Non saranno presenti il segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon; il premier canadese Stephen Harper; quello polacco Donald Tusk. Non ha ancora preso una decisione il primo ministro italiano Silvio Berlusconi.
L’annuncio della Casa Bianca e le intenzioni dell’Eliseo hanno innescato la reazione delle associazioni per i diritti umani, che da mesi fanno campagna in favore di un boicottaggio internazionale: contro le repressioni cinesi a marzo in Tibet, quando le forze dell’ordine di Pechino usarono la violenza nei confronti dei manifestanti pro democrazia; contro le relazioni tra Cina e Sudan, accusato di abuso dei diritti umani in Darfur. L’assenza di Washington sarebbe stato uno scacco per la Cina, decisa a ottenere la definitiva investitura a potenza mondiale con il prestigio dei Giochi Olimpici. Da parte sua, l’Amministrazione Bush non può alienarsi un partner come Pechino, che siede tra i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e detiene il potere di veto. È un alleato chiave negli sforzi contro i programmi nucleari iraniano e nordcoreano e sul dossier sudanese.
La prima medaglia d’oro ai Giochi l’ha conquistata dunque il presidente Hu Jintao, con l’annuncio della partecipazione americana e francese. Intanto, le polemiche sul boicottaggio sono diminuite d’intensità con la ripresa delle trattative tra funzionari cinesi e il Dalai Lama, guida politica e spirituale dei tibetani. I negoziati, che hanno avuto luogo questa settimana a Pechino, non hanno però portato a reali progressi.

Nonostante ciò, le adesioni continuano ad arrivare.

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