Politica

Si riapre il caso Tenco: «Troppe ombre riesumiamo la salma»

Dopo 38 anni nuove indagini sulla morte del cantante a Sanremo. Il Pm «L’inchiesta del ’67 fu frettolosa»

Fabrizio Tenerelli

da Sanremo

Il caso Tenco è stato riaperto e presto, si vocifera già entro il prossimo Festival, la Procura di Sanremo potrebbe autorizzare la riesumazione della salma che sarà sottoposta ad autopsia, togliendo così ogni velo su quello che è considerato il suicidio più controverso e misterioso del '900. Dunque, a quasi quarant’anni da quel tragico 27 gennaio 1967 - quando nella stanza 219 dell’hotel Savoy di Sanremo, deluso per la bocciatura al Festival della sua Ciao amore ciao, il cantautore genovese Luigi Tenco si toglieva la vita con un colpo di pistola alla testa - torna alla ribalta uno dei più grandi misteri italiani. Un suicidio di «protesta», come sarebbe emerso da una sua lettera autografa in possesso dei suoi familiari, con la quale Tenco annunciava di volerla fare finita: non perché stufo della vita, ma per protestare contro la giuria del Festival che lo aveva escluso dalla corsa per la vittoria. «Non ci sono dubbi sul fatto che Tenco si sia suicidato ­ dice il procuratore capo di Sanremo, Mariano Gagliano, nell’annunciare ieri la riapertura delle indagini - anche se la verità, poi, la sa soltanto il buon Dio».
Gagliano ha subito precisato che all’origine di questa sua decisione di riaprire il caso, non c’è tanto la consapevolezza di trovare clamorose rivelazioni, ma piuttosto la volontà di rispondere ad alcuni interrogativi che potrebbero, una volta per tutte, porre fine a una vicenda che per troppo tempo ha stimolato la fantasia. «Anche il fascicolo dell’epoca, così come il biglietto da lui scritto ­ ha spiegato Gagliano ­ sembrano confermare l'ipotesi del suicidio. Molti, allora, si chiederanno il perché di questo mio intervento, a così tanto tempo di distanza. Mi sembrava giusto chiarire alcuni interrogativi, al di là dei reati che possono essere stati commessi, molti dei quali oggi potrebbero essere coperti dalla causa estintiva della prescrizione».
La verità è che l’indagine compiuta nel 1967 fu breve e frettolosa. Venne chiusa con una sbrigativa ispezione cadaverica e nessuna autopsia. Ad esempio, non venne eseguito il cosiddetto «guanto di paraffina» per trovare tracce di polvere da sparo su mani e vestiti. Oggi, inoltre, esistono ricerche su particelle diverse che dopo anni possono ancora rivelare a quale distanza è stato esploso un colpo di arma da fuoco. E in questi casi: più la distanza è breve, più assume credibilità l’ipotesi del suicidio. Determinante, comunque, per la riapertura del caso, è stato un esposto presentato nel 2003 alla procura di Sanremo da parte di tre giornalisti: Marco Buttazzi, Andrea Pomati e Aldo Fegatelli Colonna, che a margine di una loro personale inchiesta avevano evidenziato una serie di punti oscuri e incongruenze sul caso Tenco. «Dai rilievi dell’epoca, ad esempio ­ commenta il giornalista Andrea Pomati - si evince l’esistenza di un foro nella regione dietro l’orecchio destro. Bisogna, però, capire se si tratta del foro di entrata o di quello di uscita. Tra l’altro, non si sa ancora con chiarezza se esista un secondo foro. Qualora esistesse, significherebbe che il proiettile è andato perso. In caso contrario vorrebbe dire che è ancora conficcato nella scatola cranica e che sarà possibile estrarlo con l’autopsia».
Luigi Tenco si sarebbe suicidato con una pistola «Walter ppk 7,65» oggi in possesso della famiglia. Il condizionale, però, è d’obbligo, visto che tipo di arma e calibro del proiettile, rimangono ancora un mistero insoluto. E infatti, nel ribadire che dalla futura attività investigativa non dovrebbe trapelare nulla di eccezionale, Gagliano ha comunque specificato quanto sia doveroso aggiungere elementi obbiettivi che oggi mancano. Il riferimento è alla misura del calibro del proiettile, alla distanza da cui è stato esploso e al foro di ingresso. C’è, poi, da tenere presente che al momento del suicidio il corpo di Tenco venne spostato dalle forze dell’ordine e rimesso sulla scena del suicidio per consentirne le riprese ai giornalisti. «C’è, infatti, un corpo che va e uno che torna ­ ha detto Gagliano -. Cosa non proprio normalissima. L’avessimo fatto nel 2000, chissà cosa sarebbe successo». Il procuratore smentisce, poi, qualsiasi collegamento tra il caso Tenco e il recente omicidio dell’avvocato genovese Arrigo Molinari, commissario a Sanremo proprio all’epoca del suicidio, accoltellato e ucciso a fine settembre nel suo albergo di Andora, in provincia di Savona. Fu proprio Molinari a condurre le indagini e ad autorizzare lo spostamento del cadavere.

Una ventina in tutto le contraddizioni da chiarire: «Verranno eseguite perizie balistiche, autoptiche, ma anche calligrafiche, queste ultime per verificare la corrispondenza tra la scrittura di Tenco e la calligrafia utilizzata per comporre il messaggio di addio. Voglio così chiudere una volta per tutte il giallo legato alla morte di Tenco».

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