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Silvio telefona e il pm lo indaga

L'ultima offensiva giudiziaria, guarda caso a due settimane dal voto, dimostra solo una cosa: il presidente del Consiglio dice le stesse cose in pubblico e in privato. Ma se ogni pm può spiare il capo del governo, la sicurezza del Paese è a rischio

Silvio telefona e il pm lo indaga

Se il governo avesse avuto il coraggio di varare la legge contro lo scandaloso abuso delle intercettazioni telefoniche, oggi non racconteremo questa storia. Invece no, a furia di fermarsi davanti ai magistrati, ai Di Pietro, e ai Santoro, eccoci qua. Una inchiesta nata per caso (lo ammettono gli stessi pm) oltre un anno fa a Trani (una questione di carte di credito e di tassi d’usura), per caso arriva a coinvolgere (su altri fatti) Silvio Berlusconi, il direttore del Tg1 Augusto Minzolini, quest’ultimo guarda caso inviso a magistrati e sinistra che da tempo ne chiede il licenziamento. E sempre per caso tutto ciò viene reso pubblico a due settimane dalle elezioni così come casualmente le carte passano, per fare il botto, dalle mani del solito Travaglio.

Queste casualità, messe insieme, sono la prova di una gigantesca presa in giro, che l’accanimento giudiziario contro Berlusconi e il centrodestra non è una invenzione del premier e che le intercettazioni telefoniche sono diventate un’arma impropria nelle mani di persone scellerate. Di che cosa è accusato questa volta il presidente del Consiglio? Di parlare al telefono, di dire ciò che pensa e ciò che secondo lui andrebbe fatto. Per questo lo hanno indagato. Come potete leggere negli articoli all’interno, il Cavaliere, parlando via etere con il direttore del Tg1, Augusto Minzolini, e con Giancarlo Innocenzi, presidente dell’Agcom (l’agenzia che si occupa delle telecomunicazioni) si lamenta del trattamento subìto nel corso delle trasmissioni Annozero, Ballarò e Parla con me, e si augura la chiusura del programma di Santoro perché condotto in evidente violazione dei doveri del servizio pubblico.

Tutto ciò dimostra alcune cose. La prima: Berlusconi a volte usa il telefono e quando capita parla. Secondo: la sicurezza del Paese è a rischio in quanto qualsiasi pm può intercettare a piacimento il capo del governo, e col trucco (il numero intercettato non è il suo, che è vietato, ma quelli di terzi che abitualmente parlano con lui). Il quale a volte parla di Santoro, ma immaginiamo in altre di delicate questioni interne e internazionali che in qualsiasi Paese del mondo sono giustamente protette dal segreto assoluto. Terzo: le intercettazioni dimostrano che non ci sono due Berlusconi, uno per la gente e uno per gli amici, ma che il premier la pensa allo stesso modo in pubblico come in privato. Più volte il presidente si è infatti lasciato andare, durante interviste e interventi, a giudizi pesanti sulle trasmissioni in questione augurandosi la loro chiusura, come del resto molti italiani, in quanto di parte ma pagate con i soldi del canone, cioè di tutti.

Quarta considerazione: Berlusconi non fa nulla di diverso da ciò che fanno tutti i presidenti del Consiglio e tutti i politici, di destra, di centro e di sinistra. Cioè intrattiene rapporti attraverso canali non ufficiali con giornalisti, direttori e autorità di ogni ordine e grado. Vogliamo vietarglielo? Nessuno si è mai permesso di intercettare con qualche scusa le telefonate tra Romano Prodi e gli allora direttori del Tg1 Gad Lerner e Gianni Riotta. Né è mai stata avanzata l’ipotesi che simili contatti fossero illegittimi o sconvenienti. Quinta considerazione. Visto che nessuna di queste trasmissioni è stata chiusa (i fatti risalgono allo scorso anno, fuori dalla par condicio elettorale) vuole dire due cose: o il Cavaliere non conta nulla, oppure le sue erano dei semplici ragionamenti-sfogo senza alcun valore istituzionale o giuridico. Personalmente propendo per la seconda ipotesi. Ultima considerazione. Ieri il solito Di Pietro ha chiesto, cito testualmente, di cacciare a pedate tutti gli indagati in questa vicenda. L’avviso di garanzia, quindi, per lui equivale a una condanna definitiva. Bene, prima di parlare applichi questa equazione al suo (e del suo compare Bersani) candidato governatore in Campania, quel Vincenzo De Luca tre volte indagato e a processo per associazione a delinquere e truffa.

Così come è successo sulla questione liste elettorali, ancora una volta la via giudiziaria viene applicata solo agli uomini del Pdl.

Possibile che a sinistra nessun politico faccia mai una telefonata che, ovviamente per caso, finisce intercettata? E non sfugge, ultimissima casualità, che tutto ciò accade il giorno prima della manifestazione di piazza contro Berlusconi. Come dire, ecco un po' di carne fresca per il nostro (loro) popolo sempre affamato di antiberlusconismo.

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