Cultura e Spettacoli

Il sogno americano negli Usa anni Settanta

Nel nuovo romanzo di Ethan Canin lo spaccato di una società in cui lo scandalo, l'invidia e la corruzione mietono vittime e dove l'orgoglio della gente comune vince la propria scommessa contro l'ambizione degli «squali»

Henry Bonwiller incarna il sogno americano, ma il sogno americano non è solo Henry Bonwiller. Henry Bonwiller è un senatore che vuole la Casa Bianca; il sogno americano è invece la speranza dell'uomo comune, l'aspirazione del piccolo a diventare un po' più grande giorno dopo giorno. A ritagliarsi uno spazio, a conquistare un'istruzione, a formarsi una cultura. Il sogno americano è quello di chi vive ai margini per scelta, ha per casa una roulotte e ne è orgoglioso. E vorrebbe che anche i figli lo fossero, ma questi, per non deludere i padri, danno loro a credere che sì, è così, mentre alimentano la speranza di farcela e conquistarsi un posto di rilievo nella società. Il sogno americano è il ragazzo di bottega tuttofare, al quale tocca in sorte di crescere e diventa direttore di un giornale.
Il sogno americano è quello che esce dalle pagine di Ethan Canin, talento autentico della letteratura a stelle e strisce e autore del romanzo «America America» (Ponte alle grazie, pp. 506, euro 19,50) che tratteggia un pezzo di storia degli Stati uniti anni Settanta, attraverso le vicende di un giovane di modesta estrazione prima adottato come servitore omnivalente da una famiglia democratica assai benestante poi valorizzato negli studi e nella formazione umana e professionale. Corey Sifter, questo il nome del protagonista, attraversa l'America del Vietnam e di Nixon, la delusione di guerre lontane che portano lutti vicini, l'opacità di senatori che danno la scalata alla Casa Bianca ma conservano un profilo umano bassissimo e un'ambizione smisurata.
È in questo quadro a tinte sfumate che escono tanti piccoli cammei a colori forti: la figura del padre di Corey Sifter, l'umile operaio che mantiene una coscienza popolare e cresce nella cultura quando, ormai anziano, colpito da un ictus e guarito, si sfoga affrontando le letture classiche più impegnative. O il vicino di casa muto ma presente, a suo modo, nelle discussioni più accanite. Per non parlare delle donne, moltissime, che ognuna per sé incarnano i valori più diversi e diffusi nell'umanità vera. La ragazza piena di problemi che sfugge da tutti e da sé stessa, la tipa che si dà mosse da dama ma finisce per accettare il ridimensionamento che la vita impone, la madre che riassume saggezza e bontà a costo di sacrificio, piccole verità negate ma tanta dignità nella sofferenza. E c'è lei, l'apprendista che viene dalla strada, da un mondo fatto di gelo e sofferenza, di patimenti imposti e di gioie sfuggite, di incomprensioni, di scuole sfiorate, e di acquazzoni travolgenti.
Ce la faranno tutti, o meglio, quasi tutti. Non ce la farà la perfidia e la debolezza di chi si arrende, si dà per vinto, getta la spugna. Henry Bonwiller e Liam Metarey, l'aspirante presidente e il pigmalione del protagonista. Non ce la farà la cattiveria e nemmeno la vigliaccheria di chi vuol sacrificare la Verità ai propri interessi. E soccomberà chi non crederà che, in fondo, ce la si può fare sempre anche quando tutto sembra perso e sembra persa anche l'ultima battaglia. Scriveva lo stratega cinese della guerra, Sun Tzu, che proprio quando si è vicini alla disfatta non bisogna temere nulla: è anche una delle tante morali che escono dalle pagine di Canin. Insieme alla speranza, sempre viva e perenne, di potercela fare perché c'è sempre un modo per riuscire a spuntarla e nessuno è mai condannato in partenza. Per una volta nell'infinito gioco tra il pesce piccolo e lo squalo è quest'ultimo a perdere. È il sogno americano.

O forse quel sogno che ci si ostina a voler chiamare così, ma in realtà galleggia nel fondo dell'animo di ognuno di noi.

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