Cultura e Spettacoli

Ale e Franz "vestono i panni" dei maestri Gaber e Jannacci

I comici andranno in scena con "Nel nostro piccolo", show di satira e costume ispirato ai due "cantattori"

Ale e Franz "vestono i panni" dei maestri Gaber e Jannacci

Quando cantava La mia generazione ha perso, Giorgio Gaber forse eccedeva nel pessimismo. Non teneva conto, il Signor G, che la sua lezione era destinata eccome a rimanere in vita, perché come «padre» artistico aveva generato «figli» disponibili ad ascoltare, e a mettere in pratica, i suoi insegnamenti. Tra gli «alunni», due giovani di sicuro avvenire rispondenti ai nomi di Ale e Franz, al secolo Alessandro Besentini e Francesco Villa. È arrivato il momento, per il celebre duo, di omaggiare il maestro. Anzi i maestri, perché nella loro formazione un posto di rilievo spetta anche al medico-cantastorie Enzo Jannacci.

Gaber e Jannacci sono le muse ispiratrici della pièce Nel nostro piccolo, ultima fatica teatrale della coppia, al Piccolo da martedì 18 al 23 aprile (nell'ambito del cartellone di eventi Milano per Gaber 2017, fino al 4 maggio).

Sui contenuti dello spettacolo non si sbilanciano, ma intendono rimarcarne il senso: «Ci siamo resi conto, oggi più di ieri, di quanto abbiano esercitato un'enorme influenza sul nostro modo di lavorare. Niente di strano: essendo nati e cresciuti pure noi a Milano, respiravamo la stessa aria». Ripensando al repertorio che hanno proposto finora dalla famosa scenetta della panchina allo show Buona la prima, programmaticamente fondato sull'improvvisazione - verrebbe da pensare che nel DNA di entrambi prevalga l'estemporaneità del papà di Vengo anch'io. «Difatti - sottolineano - Gaber era più perfezionista di noi, ma ciò che conta è la vicinanza ai suoi concetti. Abbiamo sempre privilegiato la satira sociale, descrivendo la confusione del presente, e anche lui non faceva politica in senso stretto, poiché era interessato a raccontare prevalentemente l'uomo e le sue contraddizioni».

Del resto, non è necessario mostrarsi politicizzati per provare un senso di disagio di fronte alle storture della società. Anche Ale e Franz insomma, come le formiche dei loro mentori Gino e Michele, nel loro piccolo s'incazzano. In particolare «ci fa incazzare l'idea che, tra non molto, la gente smetterà di incazzarsi». C'era la forza di reagire, in passato. C'era inoltre più voglia di stare insieme, di condividere emozioni, e «questo è il motivo per cui il cabaret è una razza in via di estinzione. Il cabaret a Milano era un luogo di partecipazione, ma se viene meno la volontà di partecipare, non potrà mai nascere un nuovo Zelig o un nuovo Derby».

A proposito di Zelig, Ale e Franz devono tanto al locale di Viale Monza, e quindi a Gino e Michele che di quell'esperienza furono i demiurghi. Se i due popolari autori decidessero di coinvolgerli in un progetto nuovo, «noi non diremmo certo di no. Ci lega un sentimento di autentica amicizia e reciproca stima. Spezziamo poi una lancia in favore dello Zelig televisivo, troppo spesso bistrattato: nell'insieme quel programma è stato una fotografia, efficace, di un determinato tipo di comicità in un determinato periodo storico». Scherzando e ridendo, il signor Besentini e il signor Villa sono arrivati al venticinquesimo anno di «matrimonio», e il traguardo delle nozze d'argento è stato raggiunto «senza alcun logoramento, appagati dal conseguimento dei nostri obiettivi». Compreso l'obiettivo del Piccolo: «In Sala Strehler avremo modo di essere scoperti da un pubblico nuovo, e speriamo il futuro ci regali esperienze teatrali altrettanto interessanti». Magari allargando il campo al cinema, «però questo non dipende da noi. Gli spunti non mancano affatto, ma l'industria cinematografica italiana ha conosciuto momenti migliori».

Per fortuna c'è il teatro, fonte di grosse soddisfazioni. Ultima in ordine di tempo, la possibilità di celebrare su un palco prestigioso due colonne della canzone. Col piccolo cruccio di non aver mai incontrato Gaber dal vivo, «a parte una volta dice Franz - in cui mi trovavo a Napoli in pizzeria. Urto una sedia dietro la mia, lì stava seduto proprio lui. Non ho avuto nemmeno il coraggio di reggere lo sguardo». Saltimbanchi si nasce e loro, come direbbe Totò, lo nacquero. Sicuramente hanno portato una ventata di freschezza recitando sketch originali, ma nessuno nel campo della risata può definirsi innovatore in assoluto.

Con un'unica eccezione: i fratelli Marx. «Tutto ciò che appartiene al passato della comicità può essere riproposto in vesti nuove, esclusi i Marx che erano avanti allora e continuano ad esserlo tuttora. Loro sì, sono davvero inimitabili».

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