Cultura e Spettacoli

Aristocratica e popolare. Ecco tutti i volti di un'attrice inimitabile

A Roma gli scatti di un talento che ha fatto la storia del cinema, da Fellini a Flaiano

Aristocratica e popolare. Ecco tutti i volti di un'attrice inimitabile

«Vedete questa attrice? chiede Federico Fellini - potrebbe essere il simbolo di Roma». «Che so' io?», ribatte Anna Magnani. «Una Roma vista come lupa e vestale insiste lui - aristocratica e stracciona, tetra, buffonesca... Potrei continuare fino a domattina». «Ah Federi'- ribatte lei, disincantata - Va'a dormì, va...». Ventisette secondi in tutto. Sequenza fulminea quanto mitica: è quella che chiude il Roma di Fellini e con fatale coincidenza chiuderà anche la carriera della più grande attrice italiana di tutti i tempi.

E sono proprio i fotogrammi degli estremi, ventisette secondi di «Nannarella» ad accogliere il visitatore di Anna Magnani al Vittoriano: la mostra che, non casualmente ospitata in uno dei monumenti - simbolo di Roma, da domani fino al 22 ottobre omaggerà il volto che fu simbolo stesso della Città Eterna. «Chi non conosce Roma? si chiede il curatore Mario Sesti-. E chi non riconosce la Magnani? Perfino chi non ne ha visto nemmeno un film sa il suo nome. Ma per chi non ne sa altro, soprattutto per i giovani, in collaborazione coll'Istituto Luce e il Centro Sperimentale di Cinematografia è nata questa mostra».

Ecco allora rincorrersi, in un continuo controcanto fra gli scintillanti esordi e la gloriosa maturità, decine e decine di fotografie, alternate ai fotogrammi di capolavori e «cult» (da Bellissima a Mamma Roma, da Teresa Venerdì a L'onorevole Angelina) fino alla sequenza che Sesti definisce «l'urlo più famoso della storia del cinema»: quello gridato dietro la camionetta tedesca in Roma città aperta. Al centro sempre gli stessi occhi saettanti e cupi, lo stesso sguardo intenso sotto ai capelli eternamente spettinati, in quel profilo da medaglione antico. La stessa icona che rivive nei Cinegiornali Luce, con Nannarella che inaugura una mostra al fianco di Guttuso, che al premio Strega siede al tavolo di Moravia e Flaiano, che riceve il Nastro d'Argento dalle mani di Visconti e Monicelli, che distribuisce pacchi doni agli orfani assieme a Paulette Godard.

Abbondano naturalmente le foto ufficiali, come gli scatti in cui l'attrice abbraccia il gigantesco Oscar che festeggiò la statuetta vinta prima attrice europea in un film di lingua inglese - nel 1956 con La rosa tatuata; o quelle in cui ride a gola spiegata la sua risata viscerale, così simile al pianto - assieme ai colleghi più celebri, da Totò a Sordi, da Fabrizi a Rascel, fino al drammaturgo Tennessee Williams, alla star comica Danny Kaye, al vincitore della maratona di Roma, Abebe Bikila. Ma è soprattutto la Nannarella «privata», colta in decine di scatti finora inediti, ad emozionare: quando inforca un paio d'occhiali (chi glieli aveva mai visti?) prima di concedere un'intervista; quando presa dalla ruzza, dalla voglia di divertirsi, strimpella la chitarra in salotto; quando spia orgogliosa il figlio Luca, che ha appena indossato il suo primo smoking; quando davanti alla tv segue annoiata (ma nemmeno tanto) il festival di Sanremo. A molte immagini si lega fatalmente un aneddoto: la Nannarella in posa per un ritratto eseguito da Vespignani fa venire in mente il suo tentativo di cancellarne col pennello, in un momento d'assenza del pittore, le borse sotto agli occhi. Il suo sguardo in adorante contemplazione di Rossellini rimanda al piatto di spaghetti che, solo pochi anni dopo, la furente diva rovescerà sulla testa del regista, quando saprà che lui la tradisce con Ingrid Bergman.

E non manca la Nannarella impetuosa amante, quieta accanto a Goffredo Alessandrini unico marito (ma non ci sono foto di Massimo Serato, padre del figlio Luca), e smagliante coi numerosi giovanotti che ebbe, tutti regolarmente più giovani di lei, come Marlon Brando o Anthony Franciosa (ma manca Gabriele Tinti). Chiusura emozionante col filmato delle esequie, nel settembre 1973.

La folla strabocchevole di romani che, dentro e fuori la basilica di Santa Maria sopra Minerva, e in tutte le vie toccate dalla processione, per la prima volta in Italia applaude ad un funerale, è l'impressionante omaggio di una città intera all'icona sua più celebre ed amata.

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