Cultura e Spettacoli

Che impresa liberarsi della ex. Se poi è anche una zombie...

L'ironico horror di Joe Dante, maestro del genere, è la pellicola più divertente vista finora a Venezia. E rischia di restare l'unica

Che impresa liberarsi della ex. Se poi è anche una zombie...

da Venezia

Bentornato Joe, è sempre un piacere. Joe Dante, 68 anni a novembre, il regista dei Gremlins , torna fuori concorso a Venezia dopo il più ambizioso, anche produttivamente, The Hole in 3D del 2009 con un film, Burying the Ex , dichiarato omaggio al cinema anni '80, agli horror di serie B come quelli che aveva collezionato a metà anni '60 nel suo film di montaggio di 7 ore The Movie Orgy . Uno zombie movie scanzonato, ipercitazionistico, ironico e sarcastico che piomba leggero in questo festival e in un'epoca in cui anche a questo genere si cerca di dare uno spessore esistenziale e filosofico che magari non ha. Ecco quindi il gioco di rimandi di questa commedia romantica zombie, dal regista definita con l'ibrido «zom com», in cui il protagonista Max (Anton Yelchin) va a vivere con quella che pensa essere la donna della sua vita, Evelyn (Ashley Greene). Ma da lì a poco la convivenza diventa impossibile per le rigidità della ragazza. Joe Dante si diverte particolarmente a prendere in giro, in chiave politicamente scorretta (lo accuseranno di misoginia?), questo personaggio di donna integralista, vegana («Mi dà da mangiare solo tofu, tofu e tofu», dice il povero ragazzo), ambientalista, ecologica che scrive, tanto e troppo, di tutte queste cose in rete sul suo «Blogga duro». Quando però il ragazzo le darà un appuntamento al parco per chiederle di prendersi la classica pausa di riflessione, lei finirà travolta e uccisa da un autobus. E siccome chiodo schiaccia chiodo da lì a poco il protagonista Max conoscerà la splendida Olivia (Alexandra Daddario) che è veramente la sua anima gemella visto che lavora nella gelateria dal gioco di parole «I Scream» con i gusti ispirati ai film dell'orrore. Ma, come nei film e nell'immaginario horror di Max, commesso in un negozio di articoli horror dove il benvenuto ai clienti è «andate all'inferno», la ex uscirà dalla tomba e si presenterà, infangata e pure arrapata, a casa sua disposta a tutto pur di riprendersi il suo amato.

Per gli amanti del genere Burying the Ex è un concentrato di citazioni, con i poster appesi alle pareti di nostri film, da La maschera del demonio di Mario Bava a Tempi duri per i vampiri di Steno, che la ragazza eliminerà dall'appartamento («Tanto non sono neanche in inglese») a favore di una bella pittura verde ecologica con appesi i cestini del riciclo. Un film in cui la ditta di traslochi si chiama «Romero e figli» (omaggio al maestro del genere George Romero), sugli schermi passano i volti di Christopher Lee e Peter Cushing e l'attore con più di cento titoli alle spalle, tra cui tutti quelli di Dante, Dick Miller fa un cameo con tanto di applausi a scena aperta alla proiezione stampa. Dove l'immaginario e le dinamiche sono quelle dei film per adolescenti anche se i protagonisti sono adulti. Ecco allora una spruzzata di ammiccamenti al pubblico con tette e culi pudicamente in bella mostra, con la scelta di due attrici molto belle, Ashley Greene - la vampira Alice Cullen nella saga di Twilight - qui imbruttita per esigenze di copione e Alexandra Daddario - protagonista di un'altra serie famosa, quella di Percy Jackson - che appare sempre più prorompente e che ha dichiarato, per chi fosse interessato, «di essere ancora in cerca di capire cos'è l'amore».

Un cinema in qualche modo romantico, scanzonato, semplice, diretto, popolare ma liberatorio. Che non si prende mai troppo sul serio. Come il regista stesso il quale, apparso in videoconferenza su Skype da una camera d'albergo delle isole Hawaii, ha così risposto alla domanda di un critico interessato a sapere che cosa ci fosse dietro alla scelta dell'utilizzo di tante locandine quasi tutte di film italiani: «Certamente io sono un grande appassionato di Mario Bava. In realtà però questo è un film a basso budget e siamo stati molto limitati nelle nostre scelte, molti dei poster erano lì solo perché a portata di mano». Arrivederci Joe.

E grazie.

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