Cultura e Spettacoli

D'Annunzio e quel palazzo che indispettì il fascismo

Nel marzo del '24 il Vate tentò di comprare un edificio a Brescia per farne un teatro e una scuola popolare

D'Annunzio e quel palazzo che indispettì il fascismo

L'immagine è arrivata via whatsapp dall'ingegnere Roberto Saccone, presidente della Camera di commercio di Brescia e membro del Consiglio di amministrazione del Vittoriale degli Italiani. A una prima occhiata sembra una delle tante lettere di Gabriele d'Annunzio (centinaia, migliaia, forse) che vengono incorniciate su una parete per reverenza al personaggio e alla sua bella scrittura. Ma questa lettera - inedita - ha un forte significato storico, che ho ricostruito con gli archivisti del Vittoriale, Alessandro Tonacci e Roberta Valbusa.

Il documento è datato 15 marzo 1924, tre giorni dopo il sessantunesimo compleanno di d'Annunzio e meno di tre mesi prima del delitto Matteotti. Dimostra una palese ostilità verso il regime fascista che si sta instaurando, ponendosi invece nel solco della Carta del Carnaro, la costituzione scritta da d'Annunzio a Fiume, per la crescita della bellezza e della democrazia.

Nel 1924 il Comandante così preferisce essere chiamato il Vate è pieno di debiti, tanto che per acquistare quello che diventerà il Vittoriale (una vecchia cascina con un po' di giardino) ha dovuto accendere un mutuo che non pagherà mai. Tuttavia in quel marzo del 1924 cerca di acquistare Palazzo Zoppola in via Marsala 33 a Brescia (oggi Palazzo Ferrazzi), ex Casa del Popolo sede dei socialisti. Vuole farne un teatro di cultura e una scuola popolare.

L'acquisto della Casa del Popolo salda l'esigenza dei socialisti bresciani di salvare un cospicuo patrimonio economico con la volontà di Antonio Masperi, fidato amico di Gabriele d'Annunzio, di boicottare l'azione dei dirigenti fascisti bresciani, che vogliono il palazzo, e con aspirazioni del poeta a ergersi a difensore degli oppressi. A d'Annunzio deve essere sembrata un'occasione da non perdere, in un momento di crescente dissenso nei confronti del fascismo.

Masperi, classe 1894, è un personaggio interessante, fra i molti che vagarono tra filofascismo, antifascismo, fascismo repubblicano. Bresciano, nazionalista, interventista, pluridecorato durante la Prima guerra mondiale, andò a Fiume con d'Annunzio, portando con sé madre e sorella. Il Comandante lo volle ufficiale della sua Guardia e gli affidò missioni importanti, e anche amene: fu lui, appassionato di sport, l'arbitro nella partita di calcio fra legionari e fiumani in cui per la prima volta venne appuntato lo scudetto tricolore sulla maglia della squadra vincitrice.

Ostile al fascismo trionfante, al Vittoriale Masperi era vicinissimo a d'Annunzio, e nel 1923 tentò di fondare con il deputato socialista Domenico Viotto il Partito delle persone oneste, antifascista. È in questo periodo che si collocano i tentativi di acquistare Palazzo Zoppola. Con Masperi collaborano Viotto, che poi verrà arrestato e mandato al confino, e Dante Bravo, fotografo, gallerista e fornitore di d'Annunzio di oggetti d'arte e di molti contatti fra gli artisti contemporanei.

Il 15 marzo 1924 nello studio di Masperi, che è avvocato e procuratore speciale di d'Annunzio, l'onorevole Viotto - presidente della Società cooperativa Casa del Popolo - collabora alla stesura del documento d'acquisto. Non disponendo della cifra necessaria all'operazione (400mila lire + altre 114mila per consentire alla Casa del Popolo di saldare le passività) il poeta accende un debito di 200mila presso il Credito agrario bresciano poi Banco di Brescia, poi Ubi, oggi Intesa - dando in garanzia cambiali avallate da Giovanni Battista Bianchi, industriale bresciano e sindaco di Maderno, e dallo stesso Masperi.

L'iniziativa irrita i fascisti bresciani e da Roma arrivano chiare indicazioni politiche di impedire l'operazione. Nei giorni successivi l'onorevole Carlo Bonardi, sottosegretario di Stato, sollecita il prefetto di Brescia a nominare un commissario e il 21 marzo 1924 l'avvocato Perugino Sicilia viene incaricato di procedere a una inchiesta rigorosa per accertare la situazione patrimoniale e amministrativa della Società cooperativa Casa del Popolo: si sospetta che l'ammontare delle passività denunciate fosse gonfiato per ridurre al minimo la disponibilità da passare, secondo quanto stabilito dallo statuto, all'Unione cooperativa di consumo controllata ormai dai fascisti.

Il progetto si arenò e nel frattempo avviene il delitto Matteotti, che d'Annunzio definì riferendosi al fascismo «fetida ruina». Il poeta si chiude nel silenzio, concentrando il suo impegno nel lavoro creativo e nell'edificazione del Vittoriale. I propositi di lotta a oltranza sono presto dimenticati: «Ho ripreso la mia opera d'artista... Tutto il resto cade», scrive a Mussolini il 16 maggio 1924. Ancora più esplicito il messaggio a Masperi del 4 giugno 1924: «Io - irrevocabilmente - sono ridiventato scrittore mero». Disperando di poter contrastare il fascismo, ne accetterà gli onori e le elargizioni per edificare il Vittoriale, ma in lui rimarrà sino alla fine l'impressione di una «fetida ruina».

Masperi nel 1925 si mise a capo di Italia Libera, un'organizzazione antifascista, e il 5 gennaio 1925 venne arrestato insieme a un gruppo di Arditi del Popolo.

Tornò fascista dopo l'8 settembre 1943, e fu ucciso dai partigiani nei giorni della Liberazione.

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