Cultura e Spettacoli

Edie, la superstar fragile vampirizzata da Warhol

La storia della Sedgwick, anima gemella di Andy. Da diva della New York del 1965 a emarginata

Edie, la superstar fragile vampirizzata da Warhol

Edie Sedgwick fu la musa della Factory di Andy Warhol. Ebbe più di un quarto d'ora di celebrità. Mantenne il suo status per un anno, il 1965. Poi venne abbandonata a se stessa da Warhol. Dici Factory e la prima cosa che ti viene in mente è New York, la inquieta metropoli degli anni Sessanta. Eppure Edie era californiana, proveniva da una famiglia ricca e un po' bigotta, tipicamente WASP: bianca, anglosassone e protestante. La California era la terra degli hippie, di pace e amore, dell'acido lisergico. New York era decadente, cinica e iperattiva. Dormire non era alla moda. Era alla moda calarsi le amfetamine, c'erano medici che campavano di quello: iniezioni a pazienti desiderosi di un bel ricostituente a base di vitamine (e droghe).

Andy Warhol era un provinciale, piccolo borghese, figlio di immigrati dell'Europa dell'Est. Però aveva un genio che dava vita a opere d'arte al contempo semplici da fruire e difficili da afferrare nella loro essenza. Lui avrebbe detto che l'essenza non c'era, che il suo lavoro era tutto in superficie. Warhol è uno specchio della società capitalista. Le sue opere, prodotte in serie, ripropongono i simboli della cultura di massa, la cultura pop: la zuppa, il dollaro, Elvis, Marilyn e così via. Però giocano con un senso della morte avvertibile anche quando non è esplicito come nelle serie dedicate alla sedia elettrica o agli incidenti stradali. I simboli restano, a volte per sempre, gli uomini invece muoiono.

Gli amici chiamavano Warhol con un soprannome, Drella, che coglieva la duplicità del carattere: candido come Cinderella (Cenerentola) e cinico come Dracula. Warhol sapeva rendere speciali i freak della città. Però si stufava presto di loro, e li scaricava senza pietà e soprattutto senza una spiegazione. Il 1964 era stato l'anno di Baby Jane Holzer. Ora, nel 1965, era caduta in disgrazia. C'era una nuova stella nel firmamento della Factory, Edie Sedgwick. La storia del suo sodalizio con Warhol è raccontato da Nadia Busato nel romanzo Factory Girl (Sem, pagg. 278, euro 18). La voce narrante è quella di Ultra Violet, al secolo Isabelle Collin Dufresne, un'altra «superstar» creata da Drella.

Edie era... non era niente di preciso, non era sufficientemente professionale per affrontare un vero lavoro: ha sfiorato il mondo della mod e quello del cinema, senza appartenere né al primo né al secondo. No, la specialità di Edie era essere Edie. Magrissima, iperattiva, sempre danzante. Le feste decollavano quando arrivava Edie, con la sua energia drogata e la sua eleganza naturale. Cosa scioccante: Edie sembrava il doppio femminile di Andy, che si rispecchiava in lei, anche fisicamente. Drella in pubblico era taciturno, imbarazzato. Lei invece era spigliata. Drella soffriva ancora per le origini umili. Lei era nata nel lusso. Edie, insomma, era quello che Warhol avrebbe voluto essere. Ci sono fotografie dove sembrano fratelli.

Nel 1965, Warhol era in crisi come artista. Per reinventarsi, acquistò una telecamera e un registratore. Iniziò a girare film d'avanguardia dove non succede nulla. Un uomo dorme (Sleep, 1963, 321 minuti), alcune coppie si baciano (Kiss), i freak all'amfetamina vivono la loro vita underground (Chelsea Girls, 1966). Edie aveva un volto perfetto. Warhol però si stancò anche di lei. Edie reclamizzava troppo l'amicizia con Bob Dylan e diceva di voler recitare in un film (mai realizzato) di e con il futuro Premio nobel per la letteratura. Chiese anche che la sua parte di Chelsea Girls fosse tagliata. Warhol tagliò ma si sentì tradito. La diva tornò a casa, in California, e lì morì per una overdose di farmaci (1971) dopo diversi passaggi in cliniche psichiatriche.

L'altro grande personaggio del romanzo è Valerie Solanas, la donna, femminista militante, che spara a Warhol, rischiando di ucciderlo. La Solanas non intende occupare il ruolo della vittima sacrificale, come Edie. Warhol non la ascolta? Peggio: la ascolta e si impadronisce delle sue idee? Warhol non paga mai il lavoro altrui? Beh, Warhol deve morire. Valerie scriverà un Manifesto per l'eliminazione dei maschi (ES, 1988) dove si legge il seguente programma: «in questa società la vita, nel migliore dei casi, è una noia sconfinata e nulla riguarda le donne: dunque, alle donne responsabili, civilmente impegnate e in cerca di emozioni sconvolgenti, non resta che rovesciare il governo, eliminare il sistema monetario, istituire l'automazione globale e distruggere il sesso maschile». Nel libro troverete anche tutti gli altri protagonisti della Factory, a partire da Lou Reed, John Cale, Nico, Gerard Malanga e tutti coloro che orbitarono intorno a Warhol. Drella resta però un enigma, segno del fascino che ancora oggi esercita sul pubblico, non solo degli appassionati d'arte.

Così è il pop: odioso e seducente.

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