Cultura e Spettacoli

L'irlandese Sam Millar "emigra" negli Usa e pesca un noir "Sul fondo del Black's Creek"

Lo scrittore che ha a lungo militato nell'Ira affida le indagini a due ragazzini

Per la sua militanza nell'Ira, ha scontato una lunga pena detentiva nei famigerati H-Blocks del carcere di Long Kesh, dove i secondini non hanno certo riservato un trattamento di favore a quel giovane ribelle, ripetutamente protagonista di azioni eclatanti in prigione. Ha subìto pestaggi furiosi dalle guardie carcerarie e ha preso parte a tentativi di fuga e sommosse, oltre che allo sciopero dell'igiene, la nota protesta «on the blanket» (che ha anticipato lo sciopero della fame capitanato da Bobby Sands), rifiutandosi per cinque anni di indossare la divisa carceraria, relegato in cella tra i suoi escrementi. È finito nuovamente in prigione per la partecipazione a una clamorosa rapina a un portavalori, stavolta negli Usa (raccontata nel memoir On the Brinks). Ha rigettato gli Accordi del Venerdì Santo che hanno messo fine a un trentennio di scontri sanguinosi nell'Ulster, bollandoli come una svendita del sacrificio di centinaia di compagni di lotta in cambio di vili concessioni da parte del governo britannico. In casa sua, ha imposto il divieto di parlare di politica e religione.

Stiamo parlando di Sam Millar che oggi ama essere definito un patriota irlandese e uno scrittore. Dall'uscita di On the Brinks, per metà ambientato negli anni della formazione sulle strade di Belfast e per metà sulla Costa Orientale degli Stati Uniti, dove si è lasciato coinvolgere in una rapina multimilionaria, per poi essere consegnato alla polizia da un sacerdote connazionale, lo scrittore Sam Millar ha mietuto una serie di riconoscimenti internazionali. In Francia, è una vera star del noir.

Sul fondo del Black's Creek (Milieu Edizioni, pagg. 266, euro 17,90) è l'ultima fatica dell'autore, che stavolta si cimenta con un vero e proprio romanzo. Nella boscosa provincia dello stato di New York, Tommy e due suoi amici, fan dei supereroi, decidono di fare giustizia e smascherare chi, a loro dire, avrebbe spinto un coetaneo a lasciarsi annegare nelle acque infide di un lago. Anche il padre del ragazzo morto è convinto che non si sia trattato di un suicidio e fa pressioni sullo sceriffo che, guarda caso, è il papà di Tommy. Ma di prove schiaccianti non ce ne sono e tra la popolazione serpeggia lo spettro di un serial killer. Il tono è in equilibrio tra il formidabile umorismo nero che da sempre contraddistingue Sam Millar, la sua indomabile sete di avventura e quel sano realismo che le sue scelte gli hanno fatto abbracciare fin dal principio. Altrimenti, non sarebbero bastati i suoi slanci patriottici a fargli superare gli orrori vissuti fuori e dentro il carcere, nella rissosa Belfast dei «Troubles». E, forse, non sarebbe bastato neppure il cameratismo che lo lega ai compagni di lotta e detenzione.

Tra echi perduti del miglior Joe Lansdale e dello Stephen King dei tempi d'oro, Millar sforna un ottimo romanzo di formazione dai contorni noir, dosando con sapienza mistero, suspense e violenza.

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