Cultura e Spettacoli

Quella casa nel bosco, splatter autoironico

Un film atipico che si fa beffe dei meccanismi del genere horror per poterlo reinventare e rigenerare

Quella casa nel bosco,  splatter autoironico

Esce il 18 maggio al cinema QUELLA CASA NEL BOSCO, la cui genesi è legata all’intuizione che appellarsi all’autoironia è la sola arma per uscire dallo stagnante stato in cui versa da decenni il genere horror. Joss Whedon alla sceneggiatura e Drew Goddard alla regia, (già autori televisivi di Angel e Buffy - L'ammazzavampiri), dissacrano in un colpo solo una sommatoria di luoghi comuni del cinema del terrore e lo fanno con maestria. Probabilmente decostruire, guardare dentro fino agli ingranaggi, è quel che serve fare prima di poter dare nuova vita a ciò che si ha tra le mani. 

L’inizio è quello di tante altre storie. Cinque studenti universitari dei giorni nostri, Dana, Curt, Jules, Marty e Holden partono per trascorrere il fine settimana in una capanna isolata all’interno di un bosco. Una volta perlustrata la casa, entrano nel seminterrato e lì scoprono un certo numero di strani oggetti. Dana si sofferma a leggere un vecchio diario. Quando recita ad alta voce l’incantesimo contenuto nel libricino, ha inizio il maleficio. Ma nulla è come sembra.

Considerato che negli horror la casa è da sempre ben lungi dall’essere il luogo sicuro del focolare domestico, era ovvio da subito che i protagonisti andassero incontro ad esperienze allucinanti. Il sottotitolo che campeggia sulla locandina ufficiale recita un sibillino “Tu credi di conoscere la storia” e suona come una promessa che hanno già millantato in molti prima di Whedon e Goddard, ossia quella di stupire. Ebbene, stavolta siamo di fronte a qualcuno di parola. Tutta la parte iniziale non è granché, non spaventa, addirittura annoia, ma la cosa appare studiata. Serve da preludio all’imprevedibile cambio di ritmo e location che da un certo punto in poi strapazza lo spettatore oltre ogni aspettativa. Proprio quando viene voglia di abbandonare la sala a causa dell’insopportabile surplus di cose già viste, si viene travolti da una giostra di sangue e splatter ma anche di ironia intelligente. Naturalmente mai come in questo caso è d’obbligo tacere sul dispiegarsi della trama. Basti sapere che il finale è letteralmente quanto di più indiavolato possa ricordare anche lo spettatore più smaliziato ed esperto.

Siamo davanti ad un film che solletica la parte cinica ed anticonformista del pubblico, lasciandolo sia stranito che divertito. Originale e ben congeniato, non metterà la parola fine a tutti gli altri horror sulle case stregate ma di sicuro resterà un punto di rottura, un piccolo cult in quanto fuori da qualsiasi schema.

Si tratta di una pellicola che dà all’horror una nuova dimensione: divertente, ribelle e stimolante; una piccola rivoluzione interna, inaspettata quanto necessaria, in un genere cinematografico che davvero era dato per morto perché finora incapace di rinnovarsi.

Commenti