Cultura e Spettacoli

Se il cinema e le casse restano sempre vuoti non incolpate il pubblico

Gli scarsi incassi dei film italiani dipendono soprattutto dalla mancanza di idee...

Se il cinema e le casse restano sempre vuoti non incolpate il pubblico

Roma, abbiamo un grosso problema. Che il cinema abbia faticato a ripartire, dopo la pandemia, lo si è scritto in tutte le salse. Sbagliando a dare la colpa unicamente alla paura degli spettatori di ritornare in sala, causa pandemia o costo del biglietto ritenuto superfluo in un momento di crisi. Basti pensare a settori come il calcio, dove ci sono squadre come Inter e Milan che hanno una media per gara superiore ai 70mila spettatori; e non risulta che si entri gratuitamente. Per non parlare di alcuni ristoranti che hanno la fortuna di essere sempre pieni; e non si mangia certo a sbafo. Vacanze? Molti «tutto esaurito». Questo per dire che la scusa di cui sopra, per giustificare le sale semi deserte, non regge.

Il problema è ben più profondo e non sembra di facile risoluzione. A cominciare dalle nostre pellicole che, ormai, non tirano più. Il sito specializzato Cineguru ha fatto, di recente, una interessante analisi sugli incassi del grande schermo di settembre. Partendo dal fatto che il mese si fosse concluso non solo in disavanzo rispetto al 2019, ultimo anno pre-pandemico, ma anche nei confronti di uguale periodo 2021 (che non era certo un anno favorevole vista la riapertura, tra mille «ma», di aprile). Insomma, come i gamberi, qui si va indietro. E grande colpa ce l'hanno proprio i nostri film.

E sì che non è stato un mese a digiuno di uscite «di peso». Nelle scorse settimane, hanno distribuito Il signore delle formiche (l'unico che può dirsi moderatamente soddisfatto dei risultati), L'immensità, Siccità, Ti mangio il cuore, Un mondo sotto social, Per niente al mondo, Tutti a bordo. Insomma, titoli che avrebbero dovuto intercettare diverse fette di pubblico.

Il risultato? Secondo Robert Bernocchi, che ha stilato l'analisi, in settembre «titoli completamente italiani e coproduzioni (queste comunque quasi sempre a maggioranza italiana), hanno portato a un incasso di quasi 3,8 milioni di euro e una quota del 18,30%». Ovvero, neanche 1 euro ogni 5 incassato per titoli nostrani. E per molti di questi film c'era il lancio del Festival di Venezia, sul quale ritorneremo dopo. Con un dato annuale di poco superiore al 14%. Basti pensare che un solo film italiano ha superato, finora, i 2 milioni di incasso, nel 2022, ovvero Corro da te. Che, tra l'altro, è un remake francese, perché quello della inesistenza di idee originali dei nostri autori di commedie è un vero problema sempre più incancrenito.

Sapete quanti film italiani sono presenti nella top ten degli incassi del 2022? Nessuno. È un trionfo Usa, con due film britannici che rompono in minima parte il monopolio. I nostri? Non pervenuti. Se vogliamo veder scritto almeno un «ITA», dobbiamo prendere in esame la stagione corrente 2022-23, partita il primo agosto. Qui, troviamo, sesto, Il signore delle formiche che, al 5 ottobre, aveva incassato 1.543.156 euro. Degli altri veneziani, neanche l'ombra.

Altro che Festival di Venezia e titoli «lanciati», insomma. Il vero problema, di quei film passati in Laguna, è quello di farli uscire quasi tutti insieme. Sono film di qualità (almeno, sulla carta) e farli cozzare uno contro l'altro, sperando di sfruttare la pubblicità di stampa e tv, non è una grande idea. Finiscono per cannibalizzarsi, mangiandosi i pochi euro che gli spettatori mettono sul piatto. Sono pellicole per un pubblico specifico che, di solito, finisce, quando va, per vedere una sola pellicola nel fine settimana. A scapito dell'altra.

Per dire, a settembre si è celebrato Cinema in Festa, con entrata a 3,50 euro (non in tutti i cinema). Bellissima iniziativa, ma per vedere cosa? Perché se i distributori non mettono sul piatto qualche titolo appetibile, quasi da periodo natalizio, inutile poi prendersela contro gli spettatori incollati sul divano a vedere le piattaforme. Non vi è dubbio che i vari Netflix, Prime Video, Disney+, Sky abbiano cavalcato bene il periodo pandemico, fidelizzando le persone. Se in sala, però, non sai intercettare il pubblico di riferimento (i giovani e gli adolescenti), continuando a far uscire solo pellicole per il pubblico che latita, ti viene da chiederti, a che pro? Certo, il tax credit per la distribuzione portato al 60% ha avuto il suo peso in certe scelte (ma qualcuno lo firmerà?).

Insomma, Roma abbiamo un problema che il nuovo Ministro della Cultura, chiunque sia, dovrà affrontare immediatamente, ponendolo tra le priorità.

Magari, mettendo un freno ai remake francesi.

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