Cultura e Spettacoli

La vita folle di Miguel Bosé, il figlio di "Capitan tuono"

La vita folle di Miguel Bosé, il figlio di "Capitan tuono"

Le molte vite vissute da Miguel Bosé meriterebbero, ciascheduna, un libro. Salite e discese, con ebbrezze alternate a smarrimenti: «montagne russe» riportate nella autobiografia Il figlio di Capitan Tuono (Rizzoli), comprensiva di un arco che va dalla venuta al mondo ai primi successi. Capitan Tuono, eroe medievale dei fumetti, negli anni Sessanta spopolava tra i ragazzini spagnoli. «Miguelito» era uno tra essi ma, a differenza degli altri, era figlio del torero Luis Miguel Dominguín, icona nazionale, e di Lucia Bosé. L'identificazione dei genitori col prode in armatura e con la sua sposa Sigfrid gli parve naturale, essendo egli «figlio di due animali purosangue, belli da morire, dal carattere indomito». Per la stampa erano l'incarnazione dell'amore indissolubile, ma allora perché l'incantesimo si ruppe? Bosé vuota definitivamente il sacco: lui maschilista e ancorato ai valori del franchismo, lei innamoratissima ma non più capace, a un dato punto, di sopportarlo; intenzionato, il toreador, a trasferire al primogenito il proprio machismo, mentre la mamma voleva assecondarne la sensibilità spiccata. Lucia vide più lungo, cogliendo segnali come l'adorazione che Pablo Picasso, amico di famiglia, nutriva nei riguardi del «nanetto».

I passaggi della sua maturazione contemplarono le iniziazioni erotiche con la incoercibile Amanda Lear e col «maledettissimo» Helmut Berger, già amante di Luchino Visconti, a sua volta padrino di battesimo di Miguel; l'approdo in una Londra che odorava di modernità e il passaggio a Roma, ove sovente gli capitava d'imbattersi in un prete diverso da tutti gli altri, dal marcato accento polacco: era il futuro Giovanni Paolo II. Poi le esperienze al cinema tra cui Suspiria, diretto da Dario Argento, del quale ricorda che una volta tenne in albergo la carcassa di un agnello coi vermi, osservandoli compiaciuto mentre si accanivano sull'ovino, e l'amicizia con Marco Pannella, che lo introdusse alla politica. L'incontro con una grande multinazionale discografica, nella certezza unanime che avrebbe fatto centro, fu l'incipit dei trionfi.

Qui termina l'autobiografia, ed è giusto l'inizio dell'avventura di un uomo che a differenza dei «Don Tancredo», espressione spagnola indicante chi resta immobile di fronte a un toro, ha sempre avuto l'ardire di prendere l'animale per le corna.

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