Cultura e Spettacoli

La vita è tutta in salita come "Le otto montagne"

In concorso al Festival di Cannes Luca Marinelli e Alessandro Borghi protagonisti del film tratto dal romanzo di Paolo Cognetti

La vita è tutta in salita come "Le otto montagne"

da Cannes

Il vento dell'amicizia ha un sapore antico e indissolubile. Anche nella lontananza, persiste. Sapori e odori non impallidiscono. Nemmeno sotto le coltellate di un tempo per alcuni versi immobile. Quello che cristallizza il rapporto di Pietro con il padre, che affida lettere e appunti sulle sue escursioni con il figlio proprio a quelle vette, testimoni di relazioni controverse quanto infrangibili. «I genitori sono figli che all'improvviso hanno avuto bambini» ha spiegato Filippo Timi che interpreta il papà. Il legame di Pietro con lui ha proprio queste due facce. Quello sofferto della città e di una quotidianità senz'anima e l'istinto innato - sfida e resistenza - dimostrazione di carattere sui sentieri della natura. «La baita a 3500 metri di altitudine l'abbiamo costruita davvero», stupisce Luca Marinelli, volto di Diabolik e «cittadino» Pietro.

Accanto a una relazione faticosa cementata dal batterio malato di una sfiducia che ad alta quota diventa il suo contrario, il ragazzo vive il sacro vincolo dell'amicizia con Bruno, bambino come lui e adulto diverso da lui. Sulle cime italiane de Le otto montagne prende corpo l'emozione raccontata attraverso le immagini dal film di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, ieri a Cannes, unici volti non italiani di una storia nata dalle pagine dello scrittore milanese Paolo Cognetti. Da Alabama Monroe - sconfitto agli Oscar solo da La grande bellezza - e il suo bluegrass eccoci al Nord Italia con una colonna sonora spuntata per caso fra le partiture di un autore svedese, ad accompagnare immagini in formato 4/3 perché la montagna si presta poco all'orizzontale cinemascope.

E ieri sulla Croisette sono apparsi i due protagonisti. I due amici. Luca Marinelli e Alessandro Borghi, ancora in coppia dopo Non essere cattivo di Claudio Caligari, scomparso nel 2015 proprio dopo aver terminato il montaggio di questo suo ultimo titolo. «Siamo stati avvantaggiati dall'aver lavorato insieme in un ruolo decisamente simile, anche se i due amici di allora sono diversissimi da quelli di oggi», chiarisce Alessandro Borghi che confessa di aver dovuto costruire un personaggio diverso e di amare la divisione netta fra vita reale e quella in cui si immedesima come attore. «Io non sono il mio personaggio» ha tranquillizzato.

Le otto montagne è anche la storia di una generazione, quella degli ultimi anni Settanta, che si rispecchia in due attori di poco più giovani. Incarnano il sacro tentativo di cercare nella natura quella scintillante purezza, cancellata dalla vita di città non appena la vacanza finisce e sono i due estremi in un film di bilanciamenti. Il metropolitano Pietro/Marinelli sarà anche l'uomo che tenterà l'azzardo dell'Himalaya e la scalata di quelle otto montagne che sono soprattutto un concetto. Un'idea. Le salite della quotidianità che il montanaro Bruno/Borghi riesce invece faticosamente a dominare pur essendo l'autoctono senza bisogno di spiegazioni. Il barricato della natura.

È sufficiente un'avversità per mandare in crisi il suo mondo, fatto di fiori e crocefissi in vetta. Laghi visti dall'alto e casolari inventati dal nulla. Nessun indigeno è al sicuro, né sull'asfalto né fra prati e sentieri. Resta la sfida di strade avverse. Chi si smarrisce e chi sopravvive. Chi perde la scommessa e chi diventa uomo. Le otto montagne diventano così anche simbolo di un percorso tutt'altro che iniziatico, anzi terribilmente reale. Fatto di quella forza interiore che serve per scalare ovunque l'esistenza. Nel mondo chiuso di casa che ha boschi e alture come pareti o nell'universo infinito di un altrove, disseminato di cime. Perché tutto sommato il cammino dell'esistenza è così. Tentare di farcela cogliendo la propria dimensione dietro un filo d'erba o cercare sé stessi a due passi dal cielo. Con una certezza. La vita è sempre salita. La discesa è una pazza corsa verso il nulla.

E l'abisso.

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