Calcio

"L'affetto della città mi ripaga dei trofei che non ho vinto"

Intervista a Giancarlo Antognoni. I 70 anni del calciatore simbolo della storia della Fiorentina. "Coi tifosi fu subito amore, mi fecero sentire importante"

"L'affetto della città mi ripaga dei trofei che non ho vinto"

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Oggi uno così non esiste più. Prendete uno degli attuali 3 migliori centrocampisti al mondo e immaginate che possa dire di no a offerte faraoniche e alla possibilità di giocare nei migliori club del pianeta per amore di una città e di un popolo. Giancarlo Antognoni resta una delle ultime bandiere del calcio, capace di restare fedele all'amore di Firenze e della Fiorentina: «Sentivo di aver un debito di riconoscenza e sono riuscito a saldarlo, tanto che oggi l'affetto di Firenze mi ripaga dei trofei che non ho vinto. Quando mi chiamò la Fiorentina giocavo in D: fu subito amore coi tifosi che fin dall'inizio mi fecero sentire importante». Ieri la Federazione l'ha celebrato con l'inaugurazione della mostra a lui dedicata a Villa Arrivabene con tanto di maglia azzurra celebrativa. Una special edition col 70 in bella mostra. D'altronde a Pasquetta ha festeggiato i 70 anni insieme ai figli Rubinia e Alessandro e all'inseparabile amore della sua vita: Rita, al suo fianco da quando di anni ne aveva appena 23 e visibilmente commossa. Lei e la Fiorentina gli unici amori della sua vita.

Eppure è fuori dal club a cui ha dato tutto

«Volevo restare con la prima squadra e dissi no a un ruolo nelle giovanili. Una scelta che rifarei. Spesso i miei suggerimenti non venivano considerati».

Come per Marcus Thuram, consigliato quando stava ancora al Gladbach.

«Era evidente il suo talento e il prezzo era nei parametri del club. Mi dissero che era troppo giovane».

Con la Nazionale ha scritto la storia a Spagna 82. Peccato solo per la finale

«Oggi l'infortunio in semifinale contro la Polonia mi dá fastidio più di allora; perché so cosa mi sono perso. Resta insieme allo scudetto mancato nell'82 con la Fiorentina il mio unico rimpianto».

Così come quel golazo annullato contro il Brasile

«Era buono, l'hanno annullato ingiustamente: sarebbe stato il mio gol più bello».

Il giorno più speciale?

«L'esordio nella Fiorentina di Liedholm e quello in Nazionale con Bernardini».

In Nazionale un feeling straordinario con Bearzot.

«Mi ha voluto bene come un padre».

Da ragazzo era milanista.

«Vero. Sono cresciuto col mito di Rivera. Era il mio modello, cercavo di assomigliargli».

L'avversario più tosto in campo?

«Oriali, non mi mollava mai».

Di numeri 10 come lei non ce ne sono più. Come mai?

«Mi piacciono Pellegrini e Colpani. In Aquilani a Firenze un po' mi sono rivisto, ma i numeri 10 oggi sono spariti. Si corre e gioca troppo a scapito della tecnica. Con la tattica odierna farebbero fatica pure Baggio e Zico a trovare una posizione».

C'è un Antognoni nel calcio di oggi. Qualcuno dice De Bruyne del City.

«Mi piace il paragone, ma siamo un po' diversi».

Un suo ritorno alla Fiorentina

«Difficile. Le mie porte sono sempre aperte».

Il mondo del pallone è però molto distante per valori a quello della sua generazione.

«C'è troppo business. Molti inseguono solo quello. Il calcio rimane la mia vita.

E mi diverto a vedere Francia e Brasile».

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