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L'albanese fugge. E il Parma finisce nel mistero

Taci ha venduto spaventato dai troppi debiti. Nuovo ad Alborghetti, manager della Pigna. L'azienda di cancelleria: "Noi non coinvolti"

L'albanese fugge. E il Parma  finisce nel mistero

Parma - Il mistero infinito del nostro calcio si arricchisce di un'altra pagina, certamente non l'ultima. Il Parma è stato ceduto ancora, non si sa bene a chi. L'unica certezza è il nuovo manager di riferimento, che prenderà in mano la società: è Fiorenzo Alborghetti, direttore delle risorse umane del gruppo Pigna e a.d. di Rilecart. È bergamasco, di Mapello, agirà per conto dei nuovi padroni del Parma. Sul momento si è ipotizzato che la nuova proprietà potesse comprendere il famoso marchio di quaderni e cancelleria, ma in serata è arrivata la secca smentita di Giorgio Jannone, presidente delle Cartiere Paolo Pigna, che ha precisato «di non essere coinvolto né personalmente, né come gruppo imprenditoriale, né con le cartiere nell'operazione d'acquisto del Parma Calcio».

Il petroliere albanese Rezart Taci era rimasto nell'ombra, sarebbe dovuto uscire allo scoperto alla fine di questo mese, invece si è spaventato per il debito lasciato dall'ex presidente Ghirardi e ha rivenduto a una cordata italiana con interessi petroliferi in Russia, ma ignota. Giovedì notte è stata la Dastraso Holdings Limited, società creata ad hoc per gestire il Parma a inizio novembre, a cedere la quota di maggioranza. Il grande regista dell'operazione è il dg Pietro Leonardi, che aveva già realizzato il primo passaggio di proprietà. La scorsa settimana si era però sentito male per un mix fra stress e delusione, perché Taci non si decideva a pagare gli stipendi e a mantenere le promesse. Fatto sta, ripresosi dal malore, ha deciso di mettere in pratica il piano B per evitare il fallimento del club emiliano, visto che entro il 16 febbraio vanno pagati gli stipendi per evitare che tutti i giocatori tesserati chiedano la messa in mora e si possano svincolare d'ufficio. Da versare ci sono anche Iva e Irpef, in tutto il nuovo gruppo dovrebbe investire 50 milioni di euro, decisamente tanti, e la speranza della tifoseria è che nessuno stavolta si tiri indietro. C'è da nominare il nuovo cda, completamente italiano, ma il club potrebbe essere di diritto estero, con Leonardi direttore generale e non amministratore delegato, ruolo che gli aveva affidato Ghirardi.

Ieri mattina si era sparsa la voce che il Parma fosse addirittura tornato parmigiano, come ai tempi del presidente più amato Ernesto Ceresini, scomparso 25 anni fa, e della famiglia Tanzi. La tifoseria per un attimo ha sognato perché nel pacchetto di maggioranza sembravano esserci Pietro Barilla con il marchio di pasta più popolare al mondo, e Paolo Pizzarotti, imprenditore edile. Nel pomeriggio la multinazionale ha smentito, del resto non ha mai voluto occuparsi di calcio, come gli altri grandi personaggi della città. Presidente designato sembrava Claudio Bighinati, al vertice dei giovani di Confindustria Emilia-Romagna e vicepresidente del gruppo editoriale Telecentro e Telesanterno, anche lui ha smentito.

Resta lo sconcerto per il nuovo voltafaccia di Taci, nel 2009 si era tirato indietro dopo avere firmato un precontratto con il Bologna, poi aveva teoricamente offerto 700 milioni per acquistare il Milan. Negli ultimi due anni il governo albanese ha chiesto il fallimento della Taci Oil e di altre 4 società riconducibili a lui per evasione fiscale. «Alcuni conti non gli tornavano - spiega l'avvocato romano Fabio Giordano, vicepresidente designato -, io ho fatto la revisione e le mie cifre non erano quelle di Taçi, ma neanche quelle di Ghirardi. Con 30 milioni la società si poteva far ripartire». Il passivo sarebbe di quasi un centinaio, uno sbilancio che rischia di schiacciare anche la nuova proprietà.

Come la nevicata di ieri ha messo in ginocchio l'Emilia.

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