Calcio

L'Arabia Saudita si fa il suo Mondiale

L'invidia per la coppa in Qatar tra i motivi della creazione di un torneo stellare

L'Arabia Saudita si fa il suo Mondiale

Si parte domani, con 40 gradi all'ombra e l'obiettivo di trovare una collocazione nel calcio che conta. La Saudi Pro League si presenta con le stelle che hanno fatto sognare l'Europa, una spesa tra cartellini e stipendi di 1,2 miliardi di euro, e una marea di incognite sulla reale funzionalità del progetto. Da quando esiste il pallone, Europa e Sudamerica si sono spartiti la gloria, ora tocca al medioriente spezzare il dualismo. Ci aveva provato l'America del soccer negli Anni Settanta, finendo sepolta dai debiti, così come di recente la Cina, ridimensionata dall'austerity imposta da Xi Jinping. Il mondo saudita non ha problemi di soldi e non si pone limiti. In plancia di comando c'è il discusso principe ereditario Mohammad bin Salman, che veste i panni del mecenate nonostante il dilagante oscurantismo sociale e le accuse per il brutale assassinio del giornalista Khashoggi.

Nella penisola arabica, forse più che in qualsiasi altra parte del pianeta, si guarda con invidia a ciò che fa il vicino di casa, e si risponde a colpi di petrodollari. Quando gli Emirati Arabi acquistarono il Manchester City, il Qatar si prese il Paris Saint Germain. L'Arabia Saudita, superpotenza per eccellenza del Golfo, si è resa conto di non avere visibilità attraverso il calcio. Se i rapporti politici tra il regno saudita e l'emirato del Qatar si sono assestati negli anni, la concorrenza sportiva è rimasta intatta. I sauditi hanno guardato la Coppa del Mondo qatariota con ammirazione venata di amarezza e gelosia. La kermesse iridata ha collocato Doha sulle mappe. Difficile da digerire per un'Arabia grande geograficamente 200 volte. Siccome un'altra Coppa del Mondo non può essere organizzata in Medio Oriente per almeno tre edizioni, l'Arabia Saudita ha deciso di allestire un campionato stellare. Da Cristiano Ronaldo a Benzema, passando per Brozovic, Firmino, Milinkovic Savic e molti altri ancora, a quelle latitudini non hanno badato a spese, e qualcuno sostiene incautamente che sia solo un succoso antipasto. Sì, perché il mercato rimarrà aperto fino al 7 settembre e i nomi di Neymar, Mbappé e Ansu Fati sono costantemente sulle pagine dei quotidiani locali, così come nella mente degli emiri. La Saudi Pro League, ampliata da 16 a 18 squadre (con 2 retrocessioni e 4 promozioni), si presenta venerdì con la sfida tra due matricole, Al Ahli e Al Hazem. Le portate sostanziose arriveranno a ruota. Si giocherà in 13 città del Paese (Hail, Buraydah, Ar Rass, Al-Majma'ah, Riyadh, Al-Hufuf, Dammam, Saihat, Jeddah, Makkah, Abha, Khamis Mushait e Najran). Il torneo può disporre di due stadi con più di 60mila posti a sedere: il King Fahd International di Riyadh, e il King Abdullah Sports City di Jeddah. Ci sono poi due impianti da 35mila posti, sette da 20mila e quattro da 15mila. La stragrande maggioranza di questi stadi sono stati recentemente ristrutturati. Ci sono però pochi club che hanno veri centri di allenamento di qualità. Per ora sono arrivati i campioni, poi si firmeranno contratti con le tv e alla fine si penserà alle strutture. «Nel 2027 l'Arabia Saudita ospiterà la Coppa d'Asia e gli stadi saranno al livello di ciò che il Qatar ha proposto lo scorso anno», garantisce Sami Al Jaber, testimonial del torneo e stella saudita degli Anni Novanta. Senza dimenticare che l'ultima edizione della Coppa del Mondo per club con il formato attuale si svolgerà dal 12 al 22 dicembre nella capitale Riyadh.

Sul fronte del pubblico, la mania sta dilagando. L'apripista della Saudi Pro League è stato Cristiano Ronaldo, tuttavia l'atmosfera è carica di aspettative perché i sauditi amano il calcio. L'Al Ittihad riempie regolarmente i 62mila posti del suo impianto. L' Al Hilal, il club della capitale, ha una forte popolarità e una solida base di sostenitori. Anche l'Al Ahli è molto popolare. L'ex allenatore dell'Ajax Marcel Keizer, da 4 anni alla guida di formazioni saudite, prevede un lungo periodo d'oro. «In questa zona del mondo, la concezione del denaro è radicalmente diversa dalla nostra - spiega - i soldi sono illimitati per via dei giacimenti di gas e petrolio disponibili. A Riadh o a Jeddah non si pongono la questione di come finanziare un progetto. I costi non vengono presi in considerazione, partono ai mille all'ora senza un dispositivo di frenatura».

Eppure non mancano gli interrogativi. Tanto per cominciare i calciatori locali sono di modesta levatura. Valgono, per intenderci, come atleti della nostra Serie B, e l'iniezione di 4 o 5 "galacticos" per club non può alzare di molto l'asticella. A luglio le squadre saudite in tourneé in Europa hanno preso ceffoni un po' ovunque. Resta quindi da capire fino a quando le stelle europee e sudamericane saranno disposte a rimanere lontane dalla Champions (quella asiatica è inguardabile) o da tornei come Premier e League solo per soldi, e sostare ai confini dell'impero e della notorietà. L'ultima componente che non depone a favore di un lungo corso della Saudi League si annida nelle pieghe caratteriali degli sceicchi. Il denaro illimitato di cui dispongono li porta a vivere sulle montagne russe emozionali di facili entusiasmi e di altrettanti repentini ripensamenti. Alla fine di tutto per loro il pallone resta un giocattolo.

Magari da sostituire nel tempo con un altro balocco.

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