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Ormai arbitra la tv

Il rigorino di Milan-Atalanta è la conferma che a dirigere non sono più i direttori di gara, ma chi sta davanti ai monitor nella centrale Var di Lissone

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È ufficiale: nel calcio italiano arbitra la televisione. Di qui la spiegazione didascalica alla serie dei rigorini che moltiplicano le polemiche e accentuano la sfiducia nei confronti dei fischietti di casa nostra. L'ultimo caso è quello di Orsato, il numero uno degli arbitri italiani, un tempo anche lui poco incline a farsi richiamare al Var (precedente: un Lazio-Milan, gol di Correa dopo un pestone su Calhanoglu, Mazzoleni lo richiama e lui amichevolmente lo manda a quel paese confermando il gol, ndc) e adesso diventato invece un solerte collaboratore di Irrati, il varista più esperto in squadra che lo richiama per l'episodio Giroud-Holm di Milan-Atalanta.

Sul tema, Paolo Casarin (nella foto), un autentico santone per gli arbitri italiani, non ha dubbi sulla questione anche perché da sempre uno dei suoi comandamenti è stato il rigore è una cosa seria!. Spiega Casarin: «I presidenti di società hanno voluto il Var e adesso non si possono lamentare. Doveva servire a evitare chiari ed evidenti errori, e invece è servito per dare dignità ai cosi detti rigorini. Quello di Milan-Atalanta è un rigorino appunto. Orsato impiega 3 secondi, non valuta l'entità dell'impatto, non vede che Holm si mette le mani in faccia colpito leggermente al fianco. Fino a quando non si danno 2 giornate ai simulatori, questa deriva non avrà fine».

Fine della stroncatura e inizio del dibattito tecnico. Che porta, tra l'altro, a recuperare anche l'intervento dell'inviato di Rocchi a Dazn, subito dopo la partita, per commentare l'accaduto. Il barlettano Damato spiega urbi et orbi che «se Holm si tocca altro non è un problema dell'arbitro». E qui viene fuori un grave aspetto perché vuol dire che gli arbitri possono volgere lo sguardo da un'altra parte in caso di simulazione al contrario di quel che avvenne con Fabbri in Inter-Verona (Bastoni-Duda).

Anche sul rapporto arbitro-Var Paolo Casarin ha una appuntita analisi da proporre. «Ormai - sostiene - c'è lo scarica-barile. L'arbitro a Lissone vede il tocco, non ne giudica l'intensità, non lo valuta dal punto di vista calcistico ma per togliersi ogni responsabilità richiama il collega in campo al video. E così che nessuno si lamenti perché i rigorini si prendono e si incassano come dice Gasperini senza fare però l'interesse del calcio. Sta accadendo lo stesso in materia di fuorigioco, di fatto abolito dopo Roma-Inter».

Ecco il punto, allora. Il calcio italiano - al contrario di quel che succede in Champions e nelle coppe - è diventato dipendente della tv e di fatto a dirigere, negli episodi chiave, non sono più gli arbitri di campo ma quelli inviati a Lissone. Per capirci il rigore di Milan-Atalanta è figlio di Irrati non di Orsato che non l'ha visto e in diretta non l'avrebbe mai dato. Proprio come avvenne nel derby di Roma (rigore alla Lazio). Per i dietrologi di professione infine c'è anche una spiegazione personale sulla conversione televisiva di Orsato e riguarda il suo immediato futuro professionale. Dicono nei corridoi dell'Aia che essendo a fine carriera attiva, si stia pensando di affidargli un incarico dirigenziale nella Can.

Dimostrare fede nel Var può aiutare a raccogliere qualche consenso in più.

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