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Un Paese sotto choc per la sconfitta del pugile venerato come una divinità

Un Paese sotto choc per la sconfitta del pugile venerato come una divinità

Non perdeva un incontro per ko dal 1999 e non aveva mai subito due sconfitte consecutive. Campione mondiale in otto categorie differenti, il primo nella storia a vincere dieci titoli mondiali, è stato lo sportivo più pagato al mondo assieme al professionista di baseball Alex Rodriguez, con 32 milioni di dollari di guadagno annuo. Più di Tiger Woods, Roger Federer, Cristiano Ronaldo e LeBron James, giusto per citarne alcuni. No, Manny Pacquiao non è un atleta normale. E nel suo paese d'origine, le Filippine, è talmente un'icona che conta più del presidente e delle autorità politiche. E' considerato quasi una divinità, una specie di Zeus dei tempi moderni. Ecco perché una sua sconfitta è da considerarsi un evento: catastrofico per tutti i suoi fans e per le Filippine, una gioia immensa per chi riesce a mandarlo al tappeto. E nella notte tra sabato e domenica, dopo più di tredici anni, Pacquiao ha subito un ko: è caduto sotto i colpi del 39enne messicano Juan Manuel Marquez alla sesta ripresa di un incontro di pesi welter, subendo la seconda sconfitta consecutiva dopo quella di giugno contro l'americano Timothy Bradley, in un match valido per il titolo Wbo sempre dei welter.
In patria la popolazione, già afflitta dai danni causati dal ciclone Bopha, è nuovamente crollata in preda alla disperazione: migliaia di persone si erano radunate per seguire in televisione l'incontro, svoltosi all'Mgm di Las Vegas. Ma le cose sono andate male, anzi ad aggravare la situazione anche i tre precedenti incontri tra Marquez e Pacquiao; perché se è vero che il filippino non aveva mai perso, era anche vero che tra i due erano state scintille: il primo match si era concluso in parità, gli altri due con successi di Pacquiao che definire contestati da Marquez era poco. Il messicano non aveva lesinato polemiche e alla vigilia di questa sfida Pac-Man aveva detto di voler «chiudere il becco» al suo rivale sul ring.
Ma la legge dello sport non sempre premia il più forte (o chi si crede tale…) e Pacquiao, condotte le prime due riprese, ha dovuto alzare bandiera bianca. E i 16.348 spettatori della Mgm Arena hanno dovuto applaudire Marquez, che ora avrà la possibilità - teorica per il momento - di sfidare Floyd Mayweather Jr., il pugile considerato il più forte al mondo al di là delle singole categorie di peso. Così quello che tutti avevano già etichettato come "l'incontro del secolo", ora potrebbe rivelarsi una beffa, sia sportiva che economica: di fronte Mayweaher e Marquez, non Pacquiao. Mentre c'è chi consiglia al filippino di chiudere con la boxe: «Lascia il pugilato e pensa alla politica - il consiglio di mamma Dionisia -. Basta così. Se dipendesse da me, lo farei smettere. È un politico e come tale dovrebbe concentrarsi solo su questo». Pronta la replica del presidente delle Filippine, Benigno Aquino: «Il paese non volterà le spalle alla sua superstar che ha vinto titoli mondiali inauditi. Niente cambierà, il popolo filippino continuerà a sostenere Manny. Ci uniremo a pregare per il ritorno della sua forza e della sua determinazione».


Ma Pacquiao non vuole gettare la spugna e rilancia. E a chi gli chiede se ci sarà un quinto incontro tra lui e Marquez, la risposta è rapida ed istantanea: «Perché no?». Il ritiro per Pac-Man sembra essere ancora lontano. Per la gioia di un paese intero.

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