Sport

La vecchia Juve non c'è più. Parola di Bonucci

L'ammissione del difensore conferma che la squadra ha smarrito il suo dna

La vecchia Juve non c'è più. Parola di Bonucci

Domani il Benfica. Ma prima c'è stata la Salernitana. E poi la trasferta di Monza. La vecchia Juventus sarebbe tranquilla, consapevole dei propri mezzi, della propria forza societaria, del futuro da affrontare con la consueta, tradizionale compattezza di intenti. La vecchia Juventus, ho scritto apposta, perché la nuova Juventus ha smarrito, se non perduto, tutte le caratteristiche di cui sopra e la conferma è arrivata domenica sera, dopo la baruffa finale.

In altri tempi, dinanzi alle telecamere, si sarebbe presentato un dirigente, amministratore, presidente o affine. Hanno parlato Allegri non accennando all'arbitro, ha parlato Bonucci accennando all'errore finale di Marcenaro ma ammettendo che la Juventus non è più quella che si conosceva e che tutti, ha ribadito tutti, devono prendere coscienza di ciò. A ribadire l'indisciplina tecnica, l'episodio del calcio di rigore non affidato a Vlahovic ma a Bonucci, ha trovato una spiegazione disarmante di Allegri «è stato un rigore importante e in questo caso è meglio che lo faccia Bonucci», dunque togliendo all'attaccante serbo non il gol ma la considerazione di essere un calciatore importante, pagato milioni settantadue.

Nessuno stupore, da un anno e mezzo il problema della Juventus si riassume nella gestione tecnica, uno staff di quindici persone per un risultato fragile tra infortuni e scelte sbagliate. L'alibi delle assenze accontenta i poveri di calcio, gli uomini di mercato della Juventus hanno portato a Torino reduci e sopravvissuti, Pogba, Di Maria, Paredes senza più un futuro in due grandi squadre come Manchester United e Paris St. Germain e, in aggiunta, con evidenti problemi di salute. L'unico vero grande assente è Federico Chiesa, il cui recupero continua ad essere rinviato mentre altri bianconeri sono vittime di una preparazione diretta da uno dei tanti amici dell'allenatore. Non è una colpa, non è un reato ma sono realtà e responsabilità oggettive. La partita contro il Benfica sarà una delle tante stazioni di un periodo lungo e tormentato, tra sofferenze contabili e deficienze tecniche e, soprattutto, tattiche.

Ovviamente già si dice e si scrive di una sicura prova di orgoglio, di una notte europea di reazione rabbiosa, trascurando o evitando di parlare e scrivere del gioco da mettere in campo, delle scelte, della creatività della coppia Allegri-Landucci. Si prevedono le solite chiacchiere televisive di Nedved o Arrivabene nel prepartita e poi lo stadio cercherà di essere il dodicesimo uomo.

Sempre che ci siano gli altri undici.

Commenti