Storia d'assalto

L'altro comandante-eroe dei sommergibili italiani

Protagonista di imprese belliche e umane nel turbine dell'ultimo conflitto globale, Carlo Fecia di Cossato è un comandante spesso dimenticato della storia d'Italia

1942: l'affondamento del piroscafo greco "Castor" da parte del sommergibile di Feccia di Cossato
1942: l'affondamento del piroscafo greco "Castor" da parte del sommergibile di Feccia di Cossato

La storia di Salvatore Todaro, in queste settimane sulla cresta dell'onda per il film Comandante in gara alla Mostra del Cinema di Venezia e che racconta il salvataggio da parte del comandante del sommergibile Cappellini dei naufraghi di un piroscafo belga affondato durante la Seconda guerra mondiale, ha posto sotto una lente di pubblica attenzione la storia dei sommergibili italiani e dei loro comandanti durante l'ultimo conflitto globale. Una guerra in cui i marinai italiani seppero - come ben riconosciuto anche dagli avversari, britannici in testa - battersi sempre con onore e rispetto dello ius in bello. Risulta importante sottolineare che l'epopea di Todaro non fu solitaria, ma anche un altro comandante di sommergibili, Carlo Fecia di Cossato, seppe esprimere grande umanità nel pieno del turbine della guerra.

Diciassette vittorie da sommergibilista contro naviglio alleato tra il 1941 e il 1942, un affondamento di due cacciasommergibili e tre motozattere della marina tedesca a Bastia, in Corsica, alla guida della torpediniera Aliseo dopo la resa dell'Italia agli Alleati fanno di Fecia di Cossato l'asso della marina tricolore nel secondo conflitto mondiale. Nell'Atlantico, tra le acque dell'Africa Occidentale e quelle del Nord America, il sommergibile Enrico Tazzoli guidato dal capitano di corvetta veterano della guerra civile spagnola e con Gianfranco Gazzana-Priaroggia come comandante in seconda, colò a picco sei navi britanniche, cinque norvegesi, due olandesi e una nave ciascuna tra quelle battenti bandiera di Stati Uniti, Uruguay, Panama e Grecia, per un totale di oltre 86mila tonnellate. Comandante spavaldo e tenace, che arrivò a sfidare la dichiarazione americana circa l'impossibilità per i sommergibili dell'Asse di colpire naviglio vicino alle coste statunitensi, Fecia di Cossato fu un protagonista di Betasom, l'unità militare della Regia Marina schierata a Bordeaux, nella Francia occupata dai tedeschi, per partecipare alla Battaglia dell'Atlantico.

Fu in questo contesto che nel dicembre 1941 Fecia di Cossato partecipò all'operazione di salvataggio dei naufraghi della nave corsara Atlantis della Marina tedesca affondata presso Capo Verde e trasbordati sulla nave d'appoggio Phyton, imbarcando nell'Atlantico centrale sessanta dei quattrocento marinai e portandoli in salvo a Saint Nazaire, meritandosi la Croce di Ferro dall'ammiraglio Karl Donitz.

Un anno dopo, nel 1942, a essere messi in salvo furono i naufraghi della Queen City, nave mercantile britannica colata a picco nel cuore dell'Atlantico dal sommergibile italiano. Un presagio di quanto sarebbe successo l'8 settembre 1943 quando i tedeschi divennero, improvvisamente da alleati nemici. E Fecia di Cossato, alla guida della torpediniera Aliseo, contribuì nella giornata del 9 settembre alla vittoriosa difesa di Bastia da parte della Regia Marina.

Dopo una violenta battaglia navale in cui la torpediniera contribuì a colare a picco cinque delle otto navi tedesche distrutte quel giorno, nella giornata che segnò la resa dell'Italia e il cambio di alleanza, Fecia di Cossato non dimenticò la tradizionale cavalleria bellica. Non curandosi della presenza di possibili sommergibili tedeschi nell'area, gettò le scialuppe nelle acque della città corsa e riuscì a salvare venticinque superstiti dell'equipaggio delle navi affondate. Una mossa rara nella storia della marineria della seconda guerra mondiale, ove da entrambe le parti la presenza dei sommergibili faceva spesso temere per manovre nemiche a sorpresa durante le fasi conclusive delle battaglie navali. E il capitano, da ex sommergibilista, lo sapeva bene. Nel frattempo, a condividere la gioia della sua nuova vittoria non poteva esserci l'equipaggio del Tazzoli che era affondato a maggio del 1943, con la perdita dell'intero personale a bordo, dopo l'impatto con una mina nel Golfo di Biscaglia.

Fecia di Cossato si fregiò, raro caso tra i militari in vita sopravvissuti a un'azione bellica, della medaglia d'oro concessagli per l'impresa di Bastia, che si andò a sommare alle due d'argento e alle tre di bronzo già ottenute in precedenza. La sua missione è annoverata tra le prime - e meno note - vicende della resistenza, tanto che anche l'Anpi ha inserito Fecia di Cossato tra i pochi marinai ritenuti eroi e anticipatori della Resistenza.

Per un personaggio tanto di spicco il destino avrebbe però presto riservato una fine improvvisa. Il 27 agosto 1944 Fecia di Cossato scelse la via del suicidio dopo essere stato messo agli arresti per il rifiuto di giurare fedeltà al governo di Ivanoe Bonomi, nuovo capo del governo italiano, che aveva negato il giuramento al re Vittorio Emanuele III, la Marina Italiana visse una fase spartiacque, una vera e propria crisi di identità. Oltre che un senso dell'onore che lo aveva portato a accettare di combattere contro gli ex alleati tedeschi, ma non ad accettare la resa della Marina: il capitano rifiutò l'idea di consegnare agli Alleati le unità della flotta, sostenuto dall'equipaggio, sostenendo la necessità di continuare col giuramento di fedeltà. Fu arrestato dal governo italiano di stanza nel Sud Italia a giugno 1944 per questo motivo e ricevette una licenza di tre mesi verso la fine della quale optò per il gesto estremo. A cui, da quanto si può apprendere dalla lettera di addio scritta alla madre, contribuì molto il dolore per il distacco dagli uomini e compagni d'arme delle crociere belliche del 1941-1942. I sommergibilisti, scelti volontari, dell'Enrico Tazzoli che dormivano, per citare l'inno dei sommergibilisti, "nel profondo cuor, del sonante mar".

"Da mesi e mesi non faccio che pensare ai miei marinai che sono onorevolmente in fondo al mare. Penso che il mio posto è con loro", furono le ultime parole di Fecia di Cossato, che negli anni precedenti era diventato il "Corsaro dell'Atlantico" combattendo con tenacia ma chiara comprensione delle leggi umane che regolano il conflitto una guerra in cui a spingerlo non era l'identificazione con il regime fascista, ma il vincolo saldo di fedeltà alla monarchia e al sovrano.

Una comprensione di cui aveva saputo dare atto anche nel momento in cui gli alleati erano diventati, improvvisamente, nemici da combattere. E che lo rendono un eroe controcorrente, dal destino tragico, nella storia di lutti e sofferenze del secondo conflitto mondiale.

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