Varese torna subito in paradiso trascinata da Obelix e dai giovani

Tutti a piedi fino al Sacro Monte cantando «Noi andremo oltre» con Joan Baez, anche se vincere non vuol dire risanare tutto, pagare ogni debito al momento giusto. A Varese sono fatti così. Pregano, cantano, si pentono, ma poi tornano a cantare e adesso che la squadra di basket, dopo un anno, è tornata in serie A si ricordano di tutto, dello splendore e della miseria, della domenica di santa Zita quando retrocessero, 27 aprile 2008, un triste addio contro Scafati, e del pomeriggio di totale felicità domenica 26 aprile con l’americano Childress, il veterano Galanda, i ragazzi del borgo da Passera a Gergati, da Martinoni al pirata Cotani.
Dicono che la passione ha tutti i diritti perché va incontro a tutti i castighi e allora lasciamo spazio ai brindisi perché sulle certezze del domani dovrà pensarci il giovane presidente Claudio Maria Castiglioni che ha ricostruito quello che gli si era sgretolato in mano un anno prima, affidandosi a due che avevano respirato la polvere d’oro della grande Varese, il Cecco Vescovi manager della società e il Massimo Ferraiolo che ascoltava il respiro quotidiano di una squadra meritevole di applausi e anche del rispetto di veder onorato il contratto che aveva fatto con la storia e non soltanto con quella.
Certo non era facile ripartire anche se il sostegno della Cimberio era un punto di partenza, ma la cosa più importante era trovare il generale giusto e quando la panchina fu offerta al 49enne Stefano Pillastrini, il simpatico Obelix ferrarese dalla voce tenorile, si capì subito che rispetto alla crisi del 1992, retrocessione, purgatorio durato tre stagioni, sarebbe stata una vita ben diversa. Nella partita contro Veroli, a botteghini chiusi, oltre 5000 persone, tanti veterani scamiciati e felici, tanti ex, da Meneghin al Poz, da Zanatta a Ossola, dall’ex presidente Bulgheroni al beato Galleani, hanno aspettato pazienti che l’ultimo toro cadesse per dare orecchie e coda degli avversari battuti all’allenatore cresciuto nella scuola Fortitudo, due promozioni dalla A2 con Montecatini e Montegranaro, il suo vero capolavoro.
Un viaggio con tanti problemi grandi e piccoli, che forse si vedranno meglio dopo la festa, ma un bel viaggio perché il pilota sul campo era il professor Childress, americano di Washington già venerato nelle promozioni di Scafati, Montegranaro e Caserta. Con lui un altro veterano, Galanda oro europeo, argento olimpico, tre scudetti, capitano per le stagioni della stella e per quelle difficili. Bastavano questi due con le chele del romano Cotani e la forza di stranieri di valore come Lawers, Dickens e Nikagbatse a garantire la crescita dei giovani, dei varesini Passera, Antonelli, Gergati, l’ultimo di una grande dinastia, e Martinoni che, però, a fine stagione dovrebbe tornare alla Benetton che tre anni fa lo prese dal vivaio del Campus nella città dove è ancora la Robur a garantire la crescita dei talenti e per fortuna questo la Cimberio lo ha capito.
Doveva essere la stagione per rinfrescare tutto e così è stato anche se ora non è il caso di guardare subito avanti perché la grande signora, 10 scudetti, 5 coppe dei campioni e 10 finali continentali consecutive (1971-79), ha bisogno di consolidarsi come società prima di pensare a tutto il resto.

Pensare ai rinforzi americani sembra facile, ma proprio il ricordo del passato recente consiglia di tenersi stretti questi ragazzi che sono andati verso il Sacro Monte con lo spirito di quelli che un tempo fecero scoprire che Varese non era soltanto una splendida città giardino.

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