Cinema

Come sarà arido l'"amour" ai tempi dell'intelligenza artificiale

La bestia nella giungla è il titolo di un bel racconto di Henry James in cui l'idea ossessiva di un pericolo eternamente in agguato, impediva a chi ne era affetto di provare un sentimento vero per la persona amata

Come sarà arido l'"amour" ai tempi dell'intelligenza artificiale

Ascolta ora: "Come sarà arido l'"amour" ai tempi dell'intelligenza artificiale"

Come sarà arido l'"amour" ai tempi dell'intelligenza artificiale

00:00 / 00:00
100 %

La bestia nella giungla è il titolo di un bel racconto di Henry James in cui l'idea ossessiva di un pericolo eternamente in agguato, impediva a chi ne era affetto di provare un sentimento vero per la persona amata. In realtà, come James faceva chiaramente emergere nel finale di quel racconto pubblicato nel 1903, quell'«animale pericoloso» da cui guardarsi era proprio l'aridità di cuore di cui soffriva il protagonista, ovvero l'incapacità di amare. Quando alla fine se ne rendeva conto, era ormai tropo tardi: la bestia aveva finito con il divorarlo da vivo.

La bête, di Bertrand Bonello, ieri in concorso a Venezia, riprende in sostanza l'idea di quel racconto, coniugandola al femminile piuttosto che al maschile, ma la pasticcia e la stiracchia, oltre due ore, rendendola così indigesta.

Proiettata in un futuro prossimo venturo, in cui l'Intelligenza artificiale ha di fatto messo al bando le emozioni perché le ritiene una minaccia al vivere civile, la storia vede Gabrielle (Léa Seydoux sullo schermo) che, grazie alla purificazione del suo Dna, da un lato può ripercorrere le sue vite precedenti; dall'altro liberarsi di ogni passione preponderante, da lei sempre sentita come una minaccia al suo equilibrio psichico.

In questo modo, oltre a raccontare il nostro domani, il regista si permette un tuffo all'indietro nel nostro ieri, quello del primo Novecento di Henry James, per intenderci, dove Gabrielle è una pianista sposata a un fabbricante di bambole, ma attratta da un giovane spasimante inglese a cui però, per paura, non si concederà... C'è poi un tuffetto che ci riporta a un passato molto più recente, una ventina d'anni rispetto al «mondo nuovo», di cui però, essendoci distratti un attimo, non abbiamo capito di quale vita precedente da purificare si trattasse, se non che era una vita culminata con una morte violenta.

Melodramma fantascientifico, a detta dello stesso regista, La bête è anche, sempre a suo dire, «il ritratto di una donna, che diventa quasi un documentario su un'attrice».

Il problema è che nel film Léa Seydoux è penalizzata da parrucche che non rendono giustizia alla sua bellezza e se il décor di primo Novecento è dignitoso, quello futuribile, spettrale nella sua mancanza di gente, e claustrofobico nel descrivere i luoghi dei «divertimenti» fatti di noia delle nuove generazioni ha il difetto del deja vu.

Bisogna dire che finora le varie incursioni filmiche del Festival fra il dark, l'horror e la fantascienza sono risultate di gran lunga le più noiose, troppo lambiccate e presuntuose nel loro svolgimento.

E non si può dire che sia colpa dell'Intelligenza artificiale.

E' sufficiente quella media degli autori.

Commenti