Cronaca locale

Un viaggio tra i minori soli dove studiano e lavorano

Il piano d'accoglienza degli stranieri non accompagnati a Cremona regge: 350 ragazzi accolti e tutti ricollocati

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I minori stranieri non accompagnati non sono troppi in tutta Italia. Ci sono realtà dove la gestione dei flussi migratori dei ragazzini che arrivano nel nostro Paese ha caratteristiche virtuose. Anche perché i dati a livello nazionale (circa 21mila presenze) come ha sottolineato più volte anche l'assessore di Palazzo Marino al Welfare, Lamberto Bertolé, non sono ingestibili. «C'è un sistema nazionale che va avanti da anni e se ogni ente locale fosse messo a regime, cercando e trovando posti per collocare questi ragazzi, il modello, così strutturato, potrebbe diventare utile anche per altri tipi di emergenze nazionali, come alluvioni, terremoti».

Parla dell'«affido potenziato» Rosita Viola, assessore alle Politiche sociali e alla Fragilità del Comune di Cremona, ente che ha fatto dell'accoglienza un sistema ragionevole e privo di ideologie. Così, se Milano ha evidenti problemi con una prima accoglienza satura in centri dove si alimentano dinamiche esplosive tra i ragazzi costretti a restare mesi o anni e una seconda accoglienza - quella che di fatto indirizza veramente i ragazzi in questione verso una realtà professionale - scarna, con non più di 400 posti a disposizione, quest'anno a Cremona la prefettura per i minori ha attivato persino un Cas (Centro di accoglienza straordinario) con 25 posti. Tra le varie cooperative e organizzazioni del comune di Cremona che fanno parte del Sai (Sistema accoglienza e integrazione) e gestisce in tutto 113 posti, la cooperativa «Nazareth», capofila con altri tre enti, accoglie 58 ragazzi in tutto, di cui 40 minori e 18 neo maggiorenni. Ce ne parla Carlo Bassignani, 38 anni, responsabile area accoglienza.

Al momento Cremona (70mila abitanti) ha in carico circa 370 minori. «Anche il nostro di sistema è sotto pressione - rivela Bassignani -, ma i 350 minori arrivati nel 2022 li abbiamo collocati tutti. Per noi non si tratta semplicemente di aggiungere una brandina, ma di aumentare operatori e strutture diurne per fare attività, quindi organizzare tutto un sistema di conseguenza, senza mai scadere di livello».

«È capitato spesso di dover cercare con il Comune strutture fuori regione, ad esempio a Udine. - prosegue il responsabile area accoglienza di Nazareth - Ma quello che noi chiamiamo affido potenziato si fonda anche su reti di conoscenze e quindi di aiuto tra gli stessi stranieri che vivono qui. E funziona».

Questa realtà piccola ma avanzata dispone quindi di una sorta di pronto intervento dove i ragazzi stanno al massimo 60 giorni - «primissima accoglienza» la chiama Bassignani -, quindi di alloggi di seconda accoglienza dove i ragazzi sono in appartamento con adulti stranieri, a volte anche con famiglie per favorire le attività di alfabetizzazione, con laboratori di integrazione, animazione e con una équipe educativa che si occupa di tutta la parte burocratica e sanitaria, ma iniziando anche l'inserimento lavorativo nel territorio dei ragazzi.

«Sono gli stessi educatori, distribuiti su turni, a fare visite domiciliari settimanali; ogni abitazione ha a disposizione due operatori della comunità come punto di riferimento 24 ore su 24 sia per il ragazzo che per l'affidatario - va avanti Bassignani -. Può accadere che ad esempio i ragazzi litighino o non stiano bene e c'è sempre qualcuno di noi che deve essere identificato dai ragazzi come un alleato».

Una volta compiuti i 18 anni i ragazzi sono più autonomi e vivono tra di loro mentre affrontano percorsi di inserimento lavorativo, scolastici e tirocini.

«Questa filiera di accoglienza non permette di accogliere tutti ne in termini numerici ne in termini di caratteristiche: donne o bimbi piccoli tendenzialmente non li accettiamo - conclude Bassignani - ma per chi viene accolto le attività che organizziamo hanno fatto miracoli per l'integrazione».

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