Politica

CON UN VOLO DELL’AERONAUTICA MILITARE

Stefano Filippi

nostro inviato

a Sharm el Sheikh

L'altra notte Dario e Simona erano al «Dolcevita», una discoteca in mezzo al deserto, una delle più in di Sharm; Tommaso e Maria Grazia alla cammellata organizzata dal Coral Bay (il villaggio degli italiani). Tutti siciliani, come Sebastiano Conti e la sua famiglia. Ora sono in lista d'attesa per un volo che li riporti a casa (Trapani, Gela, Niscemi) prima del previsto, lontano dall'orrore delle bombe, via dalle macabre macerie del Ghazala Garden, dalle carcasse delle auto incenerite, dalla soffocante puzza di bruciato mescolata all'odore del suk. Il paradiso delle vacanze sventrato dagli ordigni l'hanno visto soltanto in tv, barricati in camera: «E fino alla partenza, mercoledì, di qui non ci muoviamo», giurano.
Nessuno si azzarda più a mettere il naso fuori dai resort a cinque stelle di Sharm, trasformati in doratissime clausure. I tour operator hanno annullato le escursioni sul Sinai o al Cairo, azzerate le prenotazioni nei ristoranti, i turisti se ne stanno rintanati negli alberghi, villaggi autosufficienti che organizzano ogni attimo della giornata.
Molti partono, molti restano anche perché, come ammette Simone, «i charter normali sono pieni e non è facile trovare posto sui voli speciali».
Qualcuno arriva: «Siamo dei coraggiosi, anche perché era impossibile cambiare destinazione o spostare le nostre ferie, comunque siamo contentissimi», esclamano Luca e Deborah, due ragazzi atterrati in nottata da Bologna con un Airbus da 200 posti e appena 25 passeggeri. «Soltanto sei italiani hanno anticipato il rientro: gli altri 1200 non si sono mossi di qui - dice Jean-Patrick Thiry, direttore generale del Domina Coral Bay, la meta più famosa del Mar Rosso -. Abbiamo registrato cinquantasei cancellazioni per questa settimana e 102 per la prossima».
Tra loro anche quella di Umberto Smaila, lo showman proprietario di un locale notturno con il suo nome all’interno del villaggio.
La vita nel gioiello costruito 11 anni fa da Ernesto Preatoni scorre come qualsiasi altro giorno. L'acquagym in piscina, i lettini esauriti, la caccia all'ombra, i tuffi dalla piattaforma in mezzo al mare smeraldo per ammirare da vicino la barriera corallina, la serata latina di «Impacto cubano», il piano bar di Carlo Bellini. Ai banchi del ricevimento l'andirivieni è incessante. I taf-taf, specie di pulmini scoperti, macinano chilometri da un capo all'altro di questo villaggio che ha le dimensioni di una cittadina. Aleggiano i nomi degli ospiti vip, da Simona Ventura ad Alba Parietti a Carlo Ancelotti.
Ma è una normalità strana. I centralini sono intasati di telefonate dall'Europa e dalla Russia. All'ingresso un cartello del tour operator inglese Libra Holidays ricorda che «il Foreign office ha garantito che viaggiare è sicuro e non ci sono piani di rimpatrio per tutti gli ospiti di Sharm».
«Sono arrivata con mia figlia da Trieste proprio venerdì - racconta Cristiana Giorgomilla - e ho saputo degli attentati soltanto il sabato mattina, alla prima riunione con gli animatori. Non avevo sentito nulla, solo un colpo come di una porta che sbatte. Ci hanno garantito che qui dentro la sicurezza è assoluta, e allora restiamo ma senza muoverci. Preferisco lasciare il volo ad altri. Però se avessi visto la strage sarei fuggita subito».
Dario Di Gallo e Barbara Montepeluso hanno le valigie in mano nella lobby del Sofitel. Dovevano ripartire domenica prossima, ma rinunciano alla seconda settimana sulle spiagge del Sinai. Barbara aspetta il primo figlio: «Meglio non rischiare, ci è andata bene una volta e abbiamo comunque fatto sette giorni bellissimi». Li attende un tour de force: decollo alle 21.50, scalo a Fiumicino, atterraggio alle due di notte a Verona, pullman fino a Malpensa e poi auto fino a Nichelino, la località torinese dove abitano. Approfittano di un volo speciale Francorosso, nessun rimborso per le giornate perdute: «Non riusciamo proprio a continuare la vacanza in un posto dove sono morte tante persone. Far finta di niente è impossibile. Abbiamo paura e non ci si può muovere dall'albergo: che ferie sono?».
Il Sofitel ha tremato per i botti, non è lontano come il Coral Bay dai luoghi degli attentati: una passeggiata di dieci minuti sul lungomare conduce nel cuore di Nahama Bay, la località squarciata dai terroristi dove si trovano il McDonald's, l'Hard Rock Cafè e altri ritrovi che la notte pullulano di turisti che non vogliono andare a dormire quando finiscono le serate organizzate negli hotel. I controlli sono aumentati ovunque. Negli alberghi più prestigiosi taxi e auto private non entrano, negli altri vengono perquisite minuziosamente come succede sotto le arcate dell'Old Market di Sharm, il vecchio mercato a pochi metri dal quale è esplosa una delle autobomba. Thiry minimizza.

«Qui i controlli sono sempre stati rigorosi. I più impauriti sono i miei 1500 dipendenti perché in Egitto lo stipendio è legato al fatturato: meno turisti, minori guadagni, paga più bassa a fine mese - spiega -. Hanno paura di perdere il lavoro, non la vita».

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