Letteratura

C'è più di un "coltello" puntato contro Rushdie

Lo scrittore racconta la sua vita dopo l'attentato del 2022. Ma ha subito molti altri attacchi...

C'è più di un "coltello" puntato contro Rushdie

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È il 12 agosto 2022. Salman Rushdie è impegnato in una conferenza alla Chautauqua Institution nello Stato di New York. Un folle sale sul palco con un coltello e si avventa sullo scrittore. Rushdie quasi non si accorge di nulla. In 22 secondi, tanto dura l'attacco, viene colpito al petto, al collo, all'occhio e alla mano sinistra con la quale cerca inutilmente di proteggersi. Il killer, un ventiquattrenne, Hadi Matar, nato negli States da famiglia libanese, cerca di sgozzarlo ma non riesce a recidere la carotide. È convinto di essere lo strumento scelto da Allah per eseguire la sentenza di morte contro Rushdie emessa nel febbraio 1989 dall'ayatollah Khomeini in seguito alla pubblicazione di un romanzo blasfemo, secondo i fondamentalisti islamici: I versi satanici.

Rushdie ha già scritto un fenomenale memoir degli anni della fatwa e della vita sotto scorta. Un periodo durante il quale i servizi di sicurezza sventano almeno sei attentati. Quel libro si intitolava Joseph Anton (Mondadori, 2012) e metteva alla berlina, oltre al regime iraniano, la vigliaccheria degli intellettuali e dei politici occidentali. La reazione alla fatwa fu la prima testimonianza della generale debolezza davanti alle minacce dell'islam radicale.

L'Occidente, in buona compagnia, dimostrò di essere diviso e remissivo in nome di una malintesa tolleranza. In Africa, il Nobel per la letteratura egiziano Nagib Mahfuz si schierò in favore de I versi satanici prima di scivolare nel campo avverso: «Rushdie non ha il diritto di insultare nessuno, in particolar modo il profeta o qualsiasi cosa venga considerata sacra». Nel 1994 anche Mahfuz fu comunque pugnalato da un fondamentalista a causa del suo romanzo Il rione dei ragazzi, anteriore a I versi satanici e considerato anch'esso blasfemo. Roald Dahl, famosissimo autore di racconti per ragazzi, dichiarò ai giornali: «Rushdie è un pericoloso opportunista». George Steiner, uno dei più rispettati intellettuali europei, si espose: «Rushdie ha fatto in modo di creare un sacco di problemi». Il romanziere Kingsley Amis commentò: «Se vai in cerca di guai, non puoi lamentarti quando li trovi». John le Carré definì Rushdie un «cretino» prima di lanciarsi in un'aperta polemica contro lo scrittore rivale. L'ex spia pontificò: «Non esiste una legge di natura o dello Stato secondo la quale le grandi religioni possono essere insultate impunemente». E aggiunse che la maggior preoccupazione di Rushdie erano i «diritti d'autore». Anni dopo chiese scusa. Yusuf Islam, prima della conversione conosciuto come il melenso cantante Cat Stevens, si offrì di organizzare gli squadroni della morte per eseguire la condanna. Il filosofo Jacques Derrida, rispondendo in pubblico a Rushdie, sostenne che la rabbia dell'islam scaturiva dai mali dell'Occidente. L'ennesimo tradimento dei chierici, insensibili alla libertà d'espressione o sensibili solo alla propria. Fu una galleria degli orrori e una vittoria del fondamentalismo.

In Coltello. Meditazioni dopo un tentato assassinio (Mondadori, pagg. 234, euro 21), Rushdie racconta invece il calvario seguito all'attentato del 2022. La lenta riabilitazione, la paura difficile da superare, il ritorno alla normalità grazie all'amore. Il dialogo, solo immaginario, con il killer può sembrare sorprendente. Il punto d'attrito, la polemica di fondo, riguarda la natura «filologica» del Corano. L'Angelo ha reso il Messaggio divino comprensibile all'uomo «riferendoglielo in una lingua umana, che è diversa da quella di Dio». Di conseguenza, noi leggiamo una interpretazione della Parola di Dio, sostiene Rushdie. E poi chi garantisce che Dio usi davvero la parola, uno strumento appunto umano? Il giovane fondamentalista invece non ammette interpretazioni che non siano autorizzate dai veri maestri, gli imam più intransigenti. Potrà forse sembrare strano questo confronto-scontro sulla lettura del Corano ma riflette in pieno il dibattito reale tra riformatori e conservatori come abbiamo potuto osservarlo al Salone del libro di Sharjah, il più importante del mondo arabo. In discussione ci sono proprio l'essenza stessa del Corano, e il significato delle Sure: sono da intendersi in senso letterale o metaforico?

Coltello è la storia di un uomo che prova a essere felice contro ogni pronostico.

E fa niente se questa illusione lo rende un po' simile al Candido di Voltaire, convinto che tutto vada per il meglio anche se passa da una disgrazia all'altra.

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