Cinema

"Mothers' Instinct", Hathaway e Chastain in un drama-thriller zoppicante

Due attrici Premio Oscar al centro di un dramma patinato che è anche thriller psicologico di stampo hitchcockiano e noir esistenziale ma che resta goffo come i suoi colpi di scena

"Mothers' Instinct", Hathaway e Chastain in un drama-thriller zoppicante

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Mothers' Instinct è un thriller-drama con protagoniste due star del calibro di Anne Hathaway e Jessica Chastain che si trovano a duellare in bellezza e bravura. Nonostante la loro presenza, il film resta un modesto assemblaggio di ingredienti di primordine come già era successo pochi mesi fa con “May December” di Todd Haynes, che fu mera vetrina per il duo composto da Natalie Portman e Julianne Moore.

Dietro alla macchina da presa, al suo debutto da regista, troviamo qui il francese Benoît Delhomme, un direttore della fotografia di fama internazionale che si cimenta nel remake dell'omonimo film in lingua francese del 2018 di Olivier Masset-Depasse, (a sua volta adattamento del romanzo del 2012 di Barbara Abel, “Derrière la haine”).

Siamo negli anni '60 in un lussuoso sobborgo americano. Céline (Anne Hathaway) e Alice (Jessica Chastain) sono migliori amiche, confidenti e vicine di casa. Hanno molto in comune: sono belle, bianche e sposate con uomini ricchi ed eleganti, nonché madri felici di due bambini compagni di scuola oltre che di gioco. Conducono vite apparentemente idilliache. Almeno fino al giorno in cui il figlio di Céline, Max (Baylen D. Bielitz), cade dal balcone e muore sul colpo. Céline e il suo burbero marito Damian (Josh Charles) sono distrutti: lei viene ricoverata in ospedale, mentre lui si rifugerà nel bere. Il lutto ha ripercussioni anche sull’esistenza di Alice, di suo marito Simon (Anders Danielsen Lie) e del piccolo Theo (Eamon Patrick O'Connell). Non sarà facile per loro convivere con la nuova compagine che vede Céline, una volta dimessa, stringere un rapporto morboso con l’amichetto del defunto figlio. Quando avviene che la donna metta più volte "accidentalmente" in pericolo il figlio di Alice, quest’ultima si convince che Céline stia mettendo in atto qualche piano malato per vendicare la morte di Max.

Anche tralasciando la superstizione secondo cui le perle, se regalate come nell’incipit del film, portino lacrime, la minaccia è nell'aria dall’inizio alla fine in una narrazione in cui nulla è come sembra e in cui, dietro al decoro color pastello, si faranno largo debolezze a lungo taciute. Da spettatori scopriamo collassare la rappresentazione del sogno americano più tradizionale, quello della Camelot kennediana. Non a caso esteticamente la Hathaway qui è il calco di Jackie anche nella congelata sofferenza post dramma.

La perfezione visiva di "Mothers' Instinct", che in un primo momento affascina dato che ogni fotogramma è ben composto su case ben tenute, giardini rigogliosi, mariti benestanti e mogli educate, alla lunga diventa quasi surreale. Casalinghe in abiti di sartoria non scendono mai dai tacchi, neanche sul prato, e hanno acconciature alla Kim Novak in “Vertigo” e trucco inalterabile mentre si dilettano a preparare tartine di design: come dire, un po’ troppo. Anche se fin da subito, dalle confidenze tra personaggi, scopriamo come Alice non voglia un secondo figlio, mentre Céline non possa averlo.

Le due incarnano differenti forme di fragilità legate all'essere madri, mogli, donne. Tutta la prima parte di "Mothers' Instinct" è emotivamente dilaniante. Siamo in pieno melodramma considerato l’insostenibile lutto al centro della scena e come i personaggi si arrendano al dolore. Nella seconda parte, invece, il riferimento a un vecchio esaurimento nervoso di Alice rende dubbia l’attendibilità delle sue sensazioni. L'harakiri narrativo arriva in prossimità dei colpi di scena finali, affrettati e prevedibili, capaci di affossare in tutto e per tutto quello che appariva all’inizio un melodramma autentico e poi un thriller passabile.

Il terrore atavico di pagare alcune disattenzioni con il prezzo più alto che si possa immaginare meritava un film più incisivo; specie viste le continue e smaccate citazioni hitchcockiane, è un peccato da spettatori veder cangiare, in itinere, l’omaggio al maestro del brivido in una sua parodia.

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