Controcultura

Cara Silvia, ecco cosa perdi a convertirti all'islam

Cara Silvia (non scrivo questo nome da più di cinquant'anni, quando ero fidanzato di una ragazza di Mantova che si chiamava esattamente come te, Silvia Romano

Cara Silvia, ecco cosa perdi a convertirti all'islam

Cara Silvia (non scrivo questo nome da più di cinquant'anni, quando ero fidanzato di una ragazza di Mantova che si chiamava esattamente come te, Silvia Romano, e andavo a trovarla su un trenino locale che da Ferrara passava per Poggiorusco, il paese dove è nato Arnoldo Mondadori), la mia simpatia per te è istintiva e aliena da commiserazione; ti leggo nella semplicità delle tue dichiarazioni, anche rischiose, con soddisfazione. A margine di tante imprecazioni, talvolta con insulti personali, la tua bella risposta, pacificatrice: «Vi chiedo di non arrabbiarvi per difendermi, il peggio per me è passato», è piena di indulgenza e di dolcezza.

Come puoi immaginare, ti scrivo non per scusarmi, perché tu hai inteso che la mia affermazione era un paradosso e, mentre cercavo di spiegarlo, ho pensato, leggendo il Corriere della Sera, che tu avevi capito tutto: «Silvia non ha fatto commenti ma ha soltanto liquidato con una risata il post nel quale il parlamentare Vittorio Sgarbi suggeriva per iperbole che la giovane venisse arrestata per concorso esterno in associazione terroristica». Era, in ogni caso, una sottile allusione alla misura di arresti domiciliari che ti impone la quarantena. Però, per istintivo e non paternalistico affetto, voglio riflettere non sulla tua condizione né sulla perfetta riflessione di tua madre, indispettita dai giornalisti: «Provate a mandare un vostro parente due anni là, e voglio vedere se non torna convertito. Usate il cervello». Aggiungerei l'esclamativo: «Capre!». Tu invece hai definito la tua conversione «libera». «Non c'è stata - dici - alcuna costrizione». Ci credo. Anzi lo so. Perché io sono un plagiatore, e conosco la devozione di una donna che sceglie la sottomissione. Ce ne sono esempi nel mondo cristiano, sia quello claustrale, di cui abbiamo viva testimonianza nelle parole delle scrittrici mistiche e di Piccarda, nel terzo canto del Paradiso: «Anzi è formale ad esto beato esse/ tenersi dentro a la divina voglia,/ per ch'una fansi nostre voglie stesse (...)/ E 'n la sua volontade è nostra pace:/ ell'è quel mare al qual tutto si move/ ciò ch'ella crïa o che natura face».

E non basta: una scrittrice del nostro tempo, Costanza Miriano, variamente aggredita, ha scritto il libro Sposati e sii sottomessa. Dunque anche nel mondo cristiano c'è la sottomissione e, benché tu abbia deciso la tua conversione all'interno di un gruppo estremista, non è lecito dubitare che, in quella condizione di cattività, tu fossi comunque convinta. Anche se la tanto evocata libertà di culto presuppone la libertà di scelta. In qualche modo la tua esperienza è opposta e simmetrica a quella di Magdi Cristiano Allam, il quale, rinnegando la sua fede islamica, scrive: «I musulmani come persone vanno rispettati. Ma l'Islam come religione è incompatibile con le leggi laiche, le regole della civile convivenza, i valori della sacralità della vita, pari dignità tra le persone, libertà di scelta». La tua adesione sembra prescindere dal riconoscimento dei valori della civiltà da cui provieni, e lascia spazio al sospetto che tu sia stata rispettata, come dici, perché i rappresentanti della comunità di Al Shabaab hanno avuto fiducia in te e per primi, convinti plagiatori, hanno pensato che tu potevi essere comunque utile a loro con i quali (ecco il mio dubbio, non avendoli sconfessati, non essendoti dissociata) potresti avere ancora rapporti.

E dunque: tra lo Stato e gli estremisti che ti hanno rapito, a chi saresti fedele, avendo scelto la loro religione? Ma questo alla fine serve soltanto a spiegarmi. Invece io, che ho conosciuto e cercato donne sottomesse, ti scrivo con una sola malizia, per chiedere se sai quello che perdi (o che hai perso). Tornando a casa, in Occidente, tu hai voluto indossare il chador (che ha insospettito molti). Non c'è bisogno che ti spieghi perché. Tu sai perché porti il velo e cosa significa, ma io vorrei mostrartene un altro che indica ciò che hai lasciato e ciò che avevi già senza saperlo. Abbiamo visto le tue foto libera, prima della conversione. La donna di cui ti voglio parlare, senza essere musulmana, porta un velo come il tuo che le lascia scoperto l'ovale del viso. Non c'è dubbio che, nel velo di quella madonna annunciata, capolavoro tra i più alti della pittura italiana, di Antonello da Messina, non c'è nascondimento ma rivelazione del volto. L'Annunciata, apparentemente silenziosa e concentrata, parla e non guarda davanti, ma dentro di sé, per dirci la consapevolezza del suo destino, di essere madre di Dio. Parlano anche le mani: quella destra indirizzata verso di noi per tenerci lontani, per definire uno spazio soltanto suo, per fermare l'angelo che le sta davanti, ma che non si vede perché lei lo porta dentro; quella sinistra per chiudere il velo, con il doppio significato di pudore e di protezione: coprire il seno e difendere ciò che porta dentro, così prezioso, il bambino che già attende. Un'immagine altissima, piena di senso e che non può non parlare a te che porti il velo. In quella annunciata c'è una sintesi, una fusione di mondo cristiano e di mondo musulmano.

Qual è la differenza? L'Annunciata di Antonello, vertiginosa, è un monumento della grandezza e del pensiero dell'uomo, così come la poesia di Dante, la scultura di Giovanni Pisano, le Marie dolenti di Niccolò dell'Arca, la Gerusalemme liberata, gli immensi capolavori di Giotto, Piero della Francesca, Donatello, Mantegna, Giovanni Bellini, Leonardo, Michelangelo, Raffaello e infiniti altri. Tutto questo nel mondo musulmano non c'è; anzi, per molti versi, è demonizzato come le chiese distrutte dalle bombe dei terroristi di Al-Shabaab, che furono corretti con te, ma che hanno «rivendicato pubblicamente e apertamente di condurre una guerra contro i cristiani».

È evidente che tu non hai nessuna responsabilità, e nemmeno complicità. Però, nonostante la conversione, non puoi essere indifferente alla violenza di chi è pronto a distruggere i simboli cristiani dove sono le chiese, e a sacrificare la vita di persone come tua madre e come tu sei stata fino a pochi mesi fa. Uccidere è imperdonabile, ma distruggere le immagini di un mondo meraviglioso come quello generato, anche per i non credenti, come valori universali, dalla religione cristiana è un crimine contro l'umanità. Come lo fu la distruzione dei Buddha di Bamiyan. Questo non puoi condividerlo. Una forma stabile di iconoclastia? Errore che attraversò anche, nei secoli VIII e IX, la Chiesa bizantina con un movimento contrario a ogni forma di culto per le immagini sacre. Lo dice, con grande chiarezza, Lorenzo Ghiberti nei suoi Commentari: «Adunche al tempo di Gostantino imperatore et di Silvestro papa sormontò su la fede christiana. Ebbe la ydolatria grandissima persecuzione in modo tale, tutte le statue et le picture furon disfatte et lacerate di tanta nobiltà et anticha et perfetta dignità. (...) Et per leuare uia ogni anticho costume di ydolatria costruirono i templi tutti essere bianchi. (...) Finita che fu l'arte stettero e templi bianchi circa d'anni DC.». Era iniziato un momento nuovo, l'arte occidentale moderna, con Cimabue e Giotto che, oltre Dio, ponevano al centro dell'arte l'uomo, con i suoi sentimenti, le sue emozioni, la sua vita che nega ogni distruzione e ogni morte.

Non possiamo dire lo stesso della religione islamica che, a chi percorre una strada opposta alla tua, minaccia questo: «Quanto a chi rinnega Allah dopo averlo creduto - eccetto colui che ne sia costretto mantenendo serenamente la fede in cuore - e a chi si lascia entrare in petto la miscredenza, su di loro è la collera di Allah e avranno un castigo terribile» (Corano, 16 106). Non è esattamente quello che indica l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti».

Ecco. Non avverrà. Ma resisteremo. Tu, avendo abbandonato la religione cristiana, che è civiltà, cultura e storia, anche con la tua nuova fede, non puoi pensare né di rinunciare né di consentire che vengano distrutti Giotto, Leonardo, Michelangelo, Raffaello, come se parlassero di un altro Dio che ora non ti appartiene. Per la tua intelligenza, per la tua ironia, e anche per la tua sofferenza, già sai che non è possibile; e, mentre pensi al tuo Dio, non puoi non specchiarti nell'Annunciata di Antonello che sei tu e tutte le donne musulmane rappresentate da un pittore umano prima che cristiano. Senza l'uomo Dio non esisterebbe. Neanche Allah. E se Dio non può essere due, il Dio cristiano e Allah sono uno solo. La religione è una cosa degli uomini. E si manifesta come gli uomini vogliono. Chi prevale non è Dio. E dimenticare o distruggere l'arte non porta a niente.

E volevo concludere: è meglio capire che credere. Tommaso D'Aquino aveva scritto, anche per te: «Credo per capire, capisco per credere».

Tuo

Vittorio Sgarbi

Commenti