Coronavirus

Il presidente dell'associazione veterinari italiani: "Gli animali domestici non trasmettono il virus"

Il presidente dell'Associazione Medici Veterinari Italiani spiega come non ci sia alcun rischio di contrarre il virus dagli animali domestici

Il presidente dell'associazione veterinari italiani: "Gli animali domestici non trasmettono il virus"

Animali e coronavirus, per chiarire i molti dubbi e dare uno stop alle fake news che possono avere anche conseguenze pericolose come ad esempio l'abbandono, abbiamo intervistato il Dott. Marco Melosi, veterinario, Presidente dell’associazione medici veterinari italiani. ll presidente ci chiarisce molti dubbi ma soprattutto ci infonde grandi certezze come quella che in questo momento è "più pericoloso dare la mano a qualcuno piuttosto che abbracciare un cane e un gatto".

Dottore, la gente pensa che quando si parla di coronavirus sia sempre il Covid-19. Ci può spiegare come stanno davvero le cose?

“La famiglia dei virus a cui fa parte il coronavirus è diffusa in molte specie animali. La caratteristica di questi ‘coronavirus’, è che sono ‘specie specifici', che vuol dire che il virus si può replicare solo all'interno di quella specie animale, perché se entra accidentalmente in contatto con un'altra specie non trova il suo habitat ideale e muore. Questo è così da sempre e per la maggior parte dei virus. Se si pensa al Hiv dell'uomo, non si attacca agli animali, proprio perché i virus sono ‘specie specifici’. Per fare un esempio, nel cane e nel gatto ci sono dei coronavirus, che i veterinari conoscono da sempre, e sono responsabili di forme gastrointeriche con vomito e diarrea, questo può far comprendere come è diverso il virus nei nostri animali da compagnia. Inoltre questo dimostra ancora di più, come hanno lo stesso nome ma quanto siano diversi dal Covid-19 che ora è nella specie umana. Fanno parte della stessa famiglia, però essendo ‘specie specifici’, nel gatto, nel cane, nei polli etc hanno tutta un'altra sintomatologia”.

Durante una conferenza stampa, però, il capo della Protezione Civile ha detto che anche il cane può avere il coronavirus...

“Quella frase detta da Borrelli ha creato in effetti un po’ di confusione. Lui non ha avuto modo di spiegarsi bene. Quando ha detto "anche i cani hanno il coronavirus" ha detto una cosa esatta, ma ha dimenticato di dire che però non è il Covid-19. Tra l'altro le forme di coronavirus negli animali da compagnia non sono gravi e mai mortali. Ripeto a costo di sembrare noioso, questi coronavirus degli animali hanno scelto un ambiente completamente diverso, il tratto gastro intestinale e chissà quante volte abbiamo portato i nostri animali dal veterinario con un po' di diarrea o perché vomitavano, senza sapere che si trattava di coronavirus animale”.

Però spesso si è portati a pensare che essendo il virus partito da un animale e avendo fatto un salto di specie nell'uomo, gli animali possano attaccarlo...

“Innanzitutto il fatto che faccia il salto di specie è legato a una mutazione, ovvero il virus che generalmente come abbiamo detto è ‘specie specifica’ si replica solamente in una specie animale (il cane con il cane, il gatto con il gatto etc). Per una mutazione casuale del suo patrimonio genetico, improvvisamente si adatta ad un'altra specie animale. Ma questo, a parte che sono casi rari, non è detto che sia sempre un virus terribile, a volte quando fa il salto di specie non succede nulla. Facciamo un esempio, la gastrointerite del cane è un 'parovirus' che prima era del gatto e poi ha fatto il salto di specie nel cane, ma non è diventato così tremendo da portarlo alla morte. Il rischio aumenta quando i contatti sono molto promiscui come ad esempio nel mercato di Whuan dove c'era un sovraffollamento di ogni specie animale: gatti, cani, serpenti, pipistrelli con una grande presenza di fauna selvatica, tutti ammassati che venivano macellati sul posto senza nessun tipo di regola. Per questo il mercato di Whuan viene chiamato il 'mercato umido' perché gli animali presenti vengono macellati sul posto e il sangue, quando non viene bevuto come prelibatezza, si riversa per le strade, da qui la parola ‘umido’ e non c'è bisogno di spiegare la situazione sia igenica sia di pericolosità che questo può comportare. Se si fa caso, la Sars, l’Aviaria sono tutti virus di provenienza asiatica, proprio perché il contatto fra gli animali, soprattutto selvatici e l'uomo, non è così rispettato come da altre parti del mondo dove ad esempio le macellazione viene fatta all'interno dei macelli, in condizioni particolari di igiene. Inoltre non è che si possono macellare tutti gli animali, è tutto un altro tipo di rapporto. Nei nostri Paesi con le regole igieniche e i controlli che ci sono, si limitano al massimo la possibilità del salto di specie”.

Un'altra cosa che ha spaventato e fatto venire dubbi è stato il cane risultato positivo al Covid-19 ad Hong Kong e che poi è morto...

“Il cane di cui parliamo viveva all'interno di una abitazione dove c'era una persona infetta. Questa persona eliminava attraverso la saliva, i colpi di tosse o semplicemente parlando, il virus, che è il modo con cui si contagiano le altre persone. Il cane annusando ovunque come fanno normalmente gli animali che abbiamo in casa, quando gli è stato fatto il tampone nel naso e nella mucosa della bocca, è stata trovata la presenza di coronavirus. Allora stesso modo, però, lo avrebbero trovato facendo un tampone ad una ciabatta o a qualsiasi altra cosa presente in casa. E' vero che il virus è entrato in contatto con la mucosa nasale dell'animale, che è risultato quindi positivo, ma come dicevamo prima, non trovando il suo ambiente ideale non si è replicato: è entrato nel naso, non ha trovato il suo ambiente ideale perché il Covid-19 si è adattato all'uomo. Quindi da qui a dire che rappresentava un rischio c'è di mezzo il mare".

Ma allora di cosa è morto il cane?

"E' morto perché aveva più di 17 anni. L’animale è stato sequestrato e messo in isolamento a scopo precauzionale, ma sappiamo con certezza che dopo 15 giorni i tamponi erano negativi, quindi l’animale per le motivazioni dette sopra, non ha sviluppato la malattia”.

Tra le tante regole ce n’è una che dice di disinfettare le zampe degli animali quando si fanno rientrare in casa, questo perché sembra che il virus rimanga sulle superfici, come ad esempio l’asfatto, per nove giorni…

“Il concetto è questo, innanzitutto ancora non si sa bene quanto il virus sopravviva sull'asfalto, con gli sbalzi di temperature o le piogge sembra che la sopravvivenza sia trascurabile. Però, con il fatto che si stanno facendo le disinfezione per le strade, si è portati a pensare che ci sia il virus. Quindi il cane che ci cammina sopra, quando rientra a casa, pensiamo potrebbe riportare il virus con le zampe. Però, se ragioniamo in questo modo, possiamo tranquillamente dire che l'animale ha lo stesso rischio che c'è nelle nostre scarpe. Non c'è differenza. Quindi così come alcuni raccomandano come buona norma di lasciar fuori le scarpe e in casa usarne un altro paio, così quella di dare una pulita alle zampe degli animali prima di rientrare è un’ottima abitudine, ma non per il virus, andrebbe fatto sempre, visto che nelle strade può esserci qualsiasi cosa. Per essere molto chiari, in questo momento è sicuramente più rischioso dare una mano a qualcuno che abbracciare o avere un cane o un gatto in casa”.

Oltretutto in questo momento di isolamento, gli animali possono in qualche modo aiutare...

“Questa affermazione mi dà la possibilità di fare anche alcune considerazioni. Ovviamente ancora una volta si dimostra quanto sia il valore e la soddisfazione che può darci un animale domestico. Si pensi soltanto all'importanza che possono avere per gli anziani, impossibilitati ad uscire, che hanno la compagnia di un animale. In questo particolare momento, ancora di più si riscopre l'utilità degli animali come componenti della famiglia, essenziali in molte situazioni. Vorrei anche spendere due parole per i veterinari, che in questo momento per la maggior parte sono aperti, proprio perché comprendono per il valore affettivo e l’importanza che hanno gli animali nelle famiglie. Nessuno parla di loro, invece, è importante saperlo e dirlo perché sono milioni le persone solo in Italia che hanno cani e gatti e anche in questo periodo possono essere tranquilli che in caso di necessità il loro animale verrà curato come sempre”.

Mi collego a quello che sta dicendo per chiarire un ultimo punto. Ci sono notizie di alcuni medici veterinari risultati positivi al coronavirus?

“I veterinari così come tanti altri lavoratori e medici sono esposti al contagio, in proporzione alle persone con cui entrano in contatto.

Se invece di visitare animali vendevano cibo era la stessa cosa, perché il legame con gli animali e il virus non c'è per nessuna ragione".

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