Economia e finanza

Dal Mar Rosso rischi per export ed energia

A gennaio traffico -55% e costo trasporti +92%. L’impatto sul Pil dipenderà dalla durata della crisi

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Anche Confindustria, dopo diverse autorevoli prese di posizione tra cui la Banca d’Italia, lancia l’allarme per i rischi economici connessi con la crisi sul Mar Rosso: «Il 2024 - scrive il Centro studi Confindustria (Csc) nella sua congiuntura flash - si è aperto con ulteriori rischi per i flussi commerciali, dovuti alla forte riduzione dei transiti nel canale di Suez per gli attacchi del gruppo yemenita degli Houthi». Dopo un 2023 ricco di buoni segnali, dunque, questo 2024 è iniziato con nuove tensioni e rischi, soprattutto nei servizi. «I prezzi di gas e petrolio - continua il Csc - non ne hanno risentito finora, ma restano alti: a gennaio 31 euro per mwh e 78 dollari al barile». In questo quadro, con l’industria già debole e l’inflazione ai minimi solo in Italia, «i tassi potrebbero rimanere alti ancora per alcuni mesi».

Nello specifico dei temi che riguardano il passaggio dal Canale si Suez, Csc si sofferma sull’export italiano, che era in miglioramento nell’ultima parte dell’anno. Ma ora i rischi legati ai blocchi dei trasporti rendono «non rassicuranti» le prospettive per il 2024. L’intensificarsi degli attacchi degli Houthi alle navi di trasporto marittimo ha comportato una sospensione del transito da parte delle maggiori compagnie di spedizioni internazionali (MSC, Maersk, CMA CGM, Hapag-Lloyd, seguite da compagnie petrolifere come British Petroleum e Frontline). Così, a metà gennaio, il traffico di navi nel mar Rosso si è più che dimezzato (-55% rispetto al quarto trimestre 2023), mentre il costo di trasporto dei container dall’Asia all’Europa è aumentato del 92%. Per l’Italia, il 54% degli scambi è via nave, di cui il 40% tramite Suez, ma via mare transita più del 90% dei flussi italiani con i principali paesi a est del Mar Rosso. Potenzialmente esposti sono gli scambi di petrolio e gas (da Kuwait, Qatar, Emirati Arabi, Iraq), quelli di beni elettronici e apparecchi elettrici (oltre la metà dell’import extra-Ue è dalla Cina), di prodotti in pelle (un terzo viene dalla Cina), di macchinari (soprattutto in uscita verso i principali paesi asiatici). I presupposti per un impatto economico negativo di enormi dimensioni ci sono tutti.

Dipenderà dalla durata crisi.

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