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Altro che accostarla a Enzo Tortora. Ilaria sulle orme di Farina e Casarini

I casi degli altri due antagonisti candidati perché sotto processo

Altro che accostarla a Enzo Tortora. Ilaria sulle orme di Farina e Casarini

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Forse più che a Enzo Tortora bisogna pensare a Luca Casarini o a Daniele Farina, quello del Leoncavallo, rivoluzionari di professione pronti a sedersi sugli scranni ben retribuiti della democrazia borghese. Ilaria Salis in fondo è una di loro: «lo Stato dei padroni si abbatte e non si cambia», ma se nel frattempo può garantire immunità e stipendio se ne può parlare.

A Farina andò bene, e Rifondazione lo portò alla Camera. A Casarini, che nel 2014 puntava all'Europarlamento con la lista Tsipras, undicimila voti e dolorosa trombatura. Il curriculum politico-giudiziario della maestrina brianzola, attualmente detenuta nelle carceri di Orban, è - a leggerlo oggi - piuttosto simile a quello dei due compagni che l'hanno preceduta nell'assalto allo scranno. La spedizione punitiva cui è accusata di avere partecipato a Budapest nel febbraio 2023 è solo il punto di approdo di una carriera di antagonista a tempo pieno, che ha portato - secondo quanto accertato nelle scorse settimane dalla Verità - a collezionare quattro condanne e ventinove denunce. La denuncia più nota, quella per l'assalto a un gazebo della Lega Nord, resa nota da Matteo Salvini, si è conclusa con una assoluzione. Negli altri casi le condanne sono arrivate. Reati da poco, senza morti nè feriti, lontani dai pestaggi avvenuti in Ungheria. Ma che raccontano bene il personaggio.

Il cuore dell'attività politica di Ilaria, d'altronde, non ha bisogno di molte presentazioni. La maestra è una delle anime del centro sociale Boccaccio di Monza, già in prima fila nel 2007 a Genova per chiedere l'assoluzione dei devastatori del G8 di sei anni prima, tragicamente conclusosi. É sempre il Boccaccio nel 2008 a cercare di impedire a Maria Stella Gelmini, ministro berlusconiano della pubblica istruzione, di parlare a un convegno sulla «Scuola che cambia», ed è lo stesso centro sociale a provare a impedire con la forza l'apertura di una sede monzese di Lealtà & Azione. Nel 2023 il centro sociale viene sgomberato, anche perchè è impestato di amianto, ma il «Collettivo Boccaccio» continua a essere in prima linea nei cortei dell'ala «dura» del movimento antagonista.

Fieri oppositori di ogni compromesso col potere sono d'altronde i tre compagni di Ilaria accusati di avere partecipato con lei alla spedizione in Ungheria. Uno è Gabriele Marchesi, di cui recentemente la magistratura milanese ha rifiutato la consegna al governo di Budapest, e che è da tempo noto alla Digos per il suo impegno da ultrà militante. Stesso discorso per Romeo Anselmi e Rexhino Abazaj, di cui pure la magistratura ungherese ha chiesto l'estradizione, ma per ora la pratica non si sa che fine abbia fatto.

A Monza, nella città della Salis, verdi e sinistra fanno parte della maggioranza che sostiene il sindaco Paolo Pilotto: lo stesso sindaco che il «Boccaccio», ovvero i compagni della Salis, tacciano di «ignavia democristiana», denunciando l'operato di «Governo, magistratura e giunta Pilotto contro chi sceglie l'autorganizzazione come pratica politica» e invocando «una città libera da sbirri e profitto»: «la città di Pilotto: che merda!», recita uno degli ultimi manifesti del Boccaccio, tra una locandina per Ilaria e un appello per buttare a mare Israele. In pratica, i Verdi candidano una signora che li considera dei biechi occupatori del potere. Contenti loro...

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