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Applausi e pasta alle cozze. "Voglio ripagare l'Italia"

Il deputato Fdi Di Giuseppe che lo ha visto in prigione a Verona: "È molto carico. Gli altri detenuti lo hanno accolto con un lunghissimo battimani"

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Chico Forti entra nel carcere di Verona alle 14.25, e trova ad accoglierlo uno striscione, «Benvenuto Francesco». Non è per lui, che si chiama Enrico, ma per il Papa che è stato in visita qui sabato, però qualcuno ha deciso di lasciarlo, e Forti sorride, comunque, e apprezza. Come primo atto dopo le formalità di ingresso fa subito domanda per andare a trovare la mamma, oggi 95enne, che non vede da sedici anni. Prima Forti era diviso da lei dall'Atlantico e da un ergastolo senza speranza, mentre ora dal carcere di Montorio alla sua casa di Trento basta un'oretta d'auto sull'A22. I suoi legali e il ministero stanno già discutendo della richiesta, e c'è ottimismo sulla possibilità che venga presto accolta.

Insomma, da questo lato dell'oceano la situazione è migliore, e lo è anche l'umore di Forti. «Chico è molto positivo, è davvero molto carico», racconta Andrea Di Giuseppe, il deputato di Fdi che ieri è entrato nella nuova casa di Forti insieme all'imprenditore 65enne. «Questo prosegue il parlamentare è un carcere pieno di attività e di corsi, e Chico mi ha spiegato che vuole scegliere quelli che potranno essere di aiuto agli stessi altri detenuti. Mi ha detto, insomma, che vuole essere di aiuto».

«Voglio aiutare l'Italia ha spiegato Forti parlando con Di Giuseppe dopo essere entrato nella nuova struttura che lo accoglie da ieri sera e voglio ripagare questo debito di riconoscenza che ho con il mio Paese, per cominciare voglio fare la differenza nella comunità in cui mi trovo», ossia il carcere di Montorio. Parole al miele per la nazione che è riuscita a riportarlo a casa, e anche per i detenuti della sua nuova comunità. Che, a dire il vero, sembrano ricambiare gli stessi sentimenti, visto che gli hanno riservato un'accoglienza davvero calorosa, come racconta ancora il parlamentare di Fratelli d'Italia.

«Quando lo hanno trasferito nel suo in reparto, all'ingresso, appena gli altri detenuti lo hanno visto e hanno capito di chi si trattava, è partito spontaneamente un lunghissimo applauso. È stato un momento molto toccante, un'emozione molto molto forte anche per lui». E non è tutto. Se l'esordio per Chico Forti è stato commovente, anche il seguito non è stato indigesto per l'uomo reduce da 24 anni di carcere duro oltreoceano: uno dei detenuti del suo reparto, cuoco, ha deciso di farlo sentire a casa e, conoscendo la sua passione per il mare, ha preparato all'ex campione di windsurf e catamarano una pasta con le cozze, che Forti ha molto gradito. Cena sociale, e poi il primo contatto con la nuova cella che Chico Forti dividerà con altri due detenuti. Una cella «gradevole, pulita, dignitosa, come del resto tutte le altre», racconta ancora Di Giuseppe. Questa stanza, questa branda dove Forti passa la sua seconda notte italiana, è il luogo dove l'uomo oggi 65enne inizia il terzo tempo della sua vita. Il primo posto, ora che ha ritrovato se non la libertà la speranza, dove provare a «fare la differenza» e dove lottare ancora per dimostrare la sua innocenza e, appunto, la libertà. Ma su quest'ultimo punto, anche se con 24 lunghissimi anni già scontati la condizionale non sembra così lontana, però, prevale la prudenza.

Nel suo collegio di avvocati, e non solo. Lo stesso Forti glissa sul tema al momento, ripetendo solo di voler aiutare lì dove è appena arrivato. «Considerate che è arrivato da poche ore», spiega Di Giuseppe «di questo al momento è prematuro parlarne».

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