Coronavirus

La corsa irrazionale alle cure fai-da-te. In Italia il boom dell'idrossiclorochina

La comunità scientifica ha dimostrato che il farmaco è inutile ma nelle zone rosse è stata seguita la "linea Trump-Bolsonaro"

La corsa irrazionale alle cure fai-da-te. In Italia il boom dell'idrossiclorochina

Le fake news sono dure da estirpare. Se poi vengono alimentate da politici e vip, rischiano di diventare una verità inossidabile per molti. Così sta capitando anche per l'idrossiclorochina, farmaco inizialmente decantato come la panacea anti Covid, poi «smontato» dall'intera comunità scientifica e levato dal commercio in molti paesi.

In Italia la sostanza ha fatto registrare un boom di acquisti durante i mesi dell'emergenza. E se è comprensibile in una fase di confusione di pareri, non lo è più nel momento in cui la stessa agenzia del farmaco Aifa ne decreta l'inutilità/dannosità. Eppure tanti sono corsi ai ripari inventandosi una cura fai da te, con picchi tra aprile e maggio. «La tendenza agli acquisti privati di farmaci durante la fase dell'emergenza Covid - spiega il direttore generale di Aifa Nicola Magrini - mostra alcuni aumenti e mostra persino che l'idrossiclorochina la gente se l'è comprata da sola, avendo costi irrisori».

La conferma arriva dai dati del Rapporto sull'uso di farmaci durante l'epidemia che registrano un aumento degli acquisti pari al 4.661%, in particolar modo nelle regioni più colpite. Variazioni importanti si sono riscontrate per l'azitromicina (+195%, in particolare in Emilia Romagna e Lombardia), seguita dal tocilizumab e dagli immunosoppressori in generale, che comprendono gli altri medicinali biologici che agiscono sulle diverse fasi della tempesta citochinica. Il documento ricorda che «idrossiclorochina, clorochina, lopinavir/ritonavir sono state rese rimborsabili a carico del Servizio sanitario nazionale nel loro utilizzo off-label per il Covid dal 17 marzo 2020, dapprima anche in combinazione e poi solo in monoterapia. In data 26 maggio 2020 - viene ancora ricordato - l'Aifa ha sospeso l'autorizzazione all'utilizzo off-label dell'idrossiclorochina al di fuori degli studi clinici». I giornali lo hanno riportato in tutte le salse, i farmacologi lo hanno spiegato, le riviste scientifiche hanno perfino ritirato gli studi pubblicati. Ma niente. Evidentemente ha prevalso la superficialità da social, la verità che si è scelto di ascoltare. Unica attenuante: anche la comunità scientifica si è spaccata, con quasi 200 ricercatori che hanno sottoscritto un documento per non bloccare gli studi sulla sostanza.

È di ieri la dichiarazione stile «chiacchiera da bar» del presidente Usa Donald Trump: «Io ho preso l'idrossiclorichina per un periodo di 14 giorni. E come sapete sono qui. Mi viene da pensare che funzioni nelle prime fasi» della malattia.

Due giorni prima suo figlio Donald jr ha pubblicato su Twitter un post per raccontare la(sua) verità sulla sostanza. E ci hanno dovuto pensare gli amministratori della piattaforma social a bloccare il tweet, elevandosi a una sorta di comitato scientifico web.

Non ha fatto bene all'opinione pubblica nemmeno la presa di posizione del presidente brasiliano Jair Bolsonaro che, positivo al virus, ha sventolato davanti alla folla una scatola di pillole a base di idrossiclorichina sostenendo: «Su di me fa effetto». Pazienza se sulla rivista Nature era appena stato pubblicato uno studio per sostenere che non c'è alcun correlazione tra il farmaco e la regressione dell'infezione da Covid. Serva di lezione alla scienza, che deve capire quale abissale differenza c'è tra la verità affermata e comprovata in laboratorio e quella da social decretata a furor di popolo.

E dura, quasi impossibile, da sradicare.

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