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Fiume di aiuti ai Paesi africani: così l'Ue spreca i nostri soldi

Un report della Corte dei conti rivela lo spreco di denari europei. Mentre agli Stati membri chiede lacrime e sangue

Fiume di aiuti ai Paesi africani: così l'Ue spreca i nostri soldi

Non bastavano i 3,4 miliardi di euro elargiti da Bruxelles alle Ong a cavallo tra il 2015 e il 2018, gli anni più caldi delle migrazioni dall'Africa all'Europa. Fondi europei, va da sé, della quale non si conosce un aspetto fondamentale: come siano stati utilizzati.

La montagna di denari proveniente dalla generosissima Ue prende ulteriore quota con un'altra cospicua somma di denari regalata a Paesi africani che non si impegnano più di tanto per non sprecarli. Anzi: questi Stati, come rivela un report pubblicato dalla Corte dei conti europea, avrebbero dovuto ricevere finanziamenti per sostenere il loro sviluppo. Peccato che di sviluppo non se ne veda neppure l'ombra.

Come ha sottolineato La Verità, l'idea di aiutare i governi africani "a casa loro" si sarebbe rivelata un buco nell'acqua. L'esempio più eclatante viene dal Kenya, la cui situazione è stata esaminata nel dettaglio dalla stessa Corte dei conti.

Il caso del Kenya

Tra il 2014 e il 2020 Nairobi ha incassato dall'Ue la bellezza di 435 milioni di euro, ossia quasi lo 0,6% del gettito fiscale del Paese. Si tratta di una cifra piuttosto consistente, che avrebbe potuto essere investita in progetti utili per migliorare la vita dei kenioti.

Niente da fare: i controlli europei sono stati inflessibili nel valutare la destinazione dei citati fondi, specificando come gli aiuti erogati a titolo del Fondo europeo di sviluppo non "siano stati incentrati sulla riduzione della povertà" e non abbiano "ovviato agli ostacoli allo sviluppo ai quali il Paese deve confrontarsi". Insomma, uno spreco quasi totale.

L'analisi della Corte dei conti prosegue inflessibile. I progetti finanziati nella parentesi 2008-2013, in effetti, hanno prodotto "effetti attesi" anche se non avuto alcun impatto tangibile "sul grado di sviluppo complessivo del Kenya". Dal momento che parliamo di soldi (tanti soldi), la stessa Corte ha invitato l'Ue a "rivedere il proprio approccio nell'assegnazione degli aiuti allo sviluppo".

Al netto delle valutazioni degli economisti sugli aiuti a pioggia – c'è infatti chi li ritiene utili e chi no – è importante fare un'analisi dei rischi. Finanziamenti del genere potrebbero infatti finire nelle mani sbagliate e provocare veri e propri disastri. Sempre guardando al Kenya, ad esempio, questo Paese occupa i bassifondi della classifica stilata da Trasparency International e inerente all'indice di percezione della corruzione.

Aiuti a vuoto

Detto altrimenti: perché Bruxelles ha continuato a versare centinaia e centinaia di milioni di euro a un Paese in cui la corruzione è piuttosto dilagante e che, nel corso degli anni, non ha mostrato progressi tangibili sul proprio sviluppo?

Dulcis in fundo, il report della Corte dei conti ci offre la classica ciliegina sulla torta. Oltre al fatto che il sistema di calcolo impiegato per attribuire i finanziamenti penalizza i Paesi più popolosi a discapito dei meno popolosi – e non se ne capisce proprio il motivo – è apparso evidente un altro aspetto.

L'assegnazione dei fondi Fes sembra non essere "subordinata alla performance, al buon governo, all'impegno alla realizzazione di riforme strutturali o alla lotta alla corruzione del Paese beneficiario".

Una grave ammissione, questa, che lascia intendere una sola cosa: i finanziamenti vengono elargiti quasi a caso, senza alcun controllo.

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