Guerra in Israele

Israele manda decine di tank a Rafah

Prima dichiarazione congiunta di Biden e altri 17 capi di Stato: "Liberare i prigionieri"

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Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden è stato il promotore di una dichiarazione congiunta dei leader di 17 paesi con cittadini tenuti in ostaggio da Hamas, che chiedono al gruppo terroristico di liberarli immediatamente. «Il destino dei prigionieri e della popolazione civile di Gaza è motivo di preoccupazione a livello internazionale», hanno affermato. Tutto ciò mentre Hamas promette di sciogliere la sua ala militare, le Brigate al-Qassam, e accettare una tregua di cinque anni o più con Israele «se si creasse uno Stato palestinese sovrano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza», nei confini del 1967. A dichiararlo in un'intervista ad Associated Press è uno dei leader, Khalil al-Hayya. Una svolta politica di certo avallata dal vertice, anche se Al-Hayya ha precisato che il gruppo estremista non si pente del 7 ottobre.

I commenti di Al-Hayya arrivano mentre c'è uno stallo nei colloqui per il cessate il fuoco. L'ipotesi del disarmo di Hamas sembra essere una significativa concessione da parte del gruppo, che nella sua Carta del 1988 s'impegnava nella distruzione di Israele. È, però, improbabile che lo Stato ebraico prenda in considerazione uno scenario del genere. Al-Hayya ha pure detto che Hamas vuole unirsi all'Olp, guidata dalla fazione rivale di Fatah, per formare un governo unificato per Gaza e Cisgiordania. Ma John Kirby portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale ha tuonato: «Non ci sarà mai uno Stato palestinese con Hamas».

Intanto incombe l'invasione di Rafah. L'esercito israeliano ha schierato decine di carri armati e veicoli blindati lungo il confine sud di Haza, nella zona al confine con l'enclave palestinese. E la diplomazia tutta tenta di fare qualche passo in avanti. I media sauditi Al-Arabiya e Al-Hadath hanno riferito che l'Egitto ha trasmesso a Israele una proposta di Hamas per un cessate il fuoco completo per almeno un anno, in cambio del congelamento di qualsiasi operazione militare contro Tel Aviv. Le stesse fonti hanno confermato poi che Il Cairo ha presentato un'iniziativa al capo di Stato maggiore israeliano e al capo dello Shin Bet, che prevede un blocco definitivo dell'assalto a Rafah in cambio del riavvio dei negoziati sui prigionieri. Per la tv israeliana Channel 12 una delegazione egiziana sarebbe attesa a Tel Aviv per mediare.

Da parte israeliana si continua a lavorare per i propri obiettivi. Il gabinetto di guerra dello Stato ebraico si è riunito ieri nel pomeriggio. Ma qualcos'altro si muove. In un briefing un alto funzionario dell'amministrazione Biden ha detto che Israele ha accettato la proposta di accordo sui prigionieri, che consentirebbe il ritorno degli sfollati palestinesi nel nord della Striscia. E ieri il presidente americano su X ha postato una sua foto mentre tiene in braccio la piccola Abigail Edan, la bimba israelo-americana di 4 anni ostaggio a Gaza per sette settimane, ma liberata a novembre, e ha poi puntualizzato: «Siamo al lavoro per il rilascio degli altri».

La guerra però non si ferma: 34.305 è il numero delle vittime del conflitto. Pure un operatore umanitario Abdallah Nabhan (33 anni) che lavorava a Gaza per l'agenzia belga Enabel e suo figlio Jamal (7 anni) sono morti in un attacco israeliano a Rafah.

Secondo l'Idf, circa 150 mila-200 mila palestinesi hanno già lasciato Rafah dal 7 aprile, mentre i militari si preparano per l'invasione.

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