Cronache

L'anno nero dei giudici tra arresti e guai. Ma alla fine il Csm li grazia sempre

Soltanto con Palamara i colleghi sono stati severissimi per isolarlo. Dalle toghe legate ad Amara ai pm del processo Eni, le inchieste in corso

L'anno nero dei giudici tra arresti e guai. Ma alla fine il Csm li grazia sempre

Il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia annuncia una «ferma reazione» al metodo referendario, che a suo dire «fa intendere la volontà di chiamare il popolo ad una valutazione di gradimento della magistratura», oltre a bocciare di fatto preventivamente le riforme della giustizia che il governo ha messo in cantiere. Ma le sue parole, oltre a innescare inevitabili polemiche, sono anche la cartina di tornasole di un anno e qualcosa di più veramente nerissimo per la categoria, tanto che appunto una eventuale «valutazione di gradimento» da tremare le vene ai polsi delle toghe italiane.

A scorrere le cronache c'è solo l'imbarazzo della scelta. La copertina spetta, ovviamente, allo scandalo scatenato da Luca Palamara e alimentato dalle sue stesse rivelazioni, quando l'ex presidente Anm ha raccontato in tv e in un libro il sistema di spartizione delle nomine su base correntizia decise in ristrette tavolate negli hotel romani più che a Palazzo dei Marescialli. Un pasticcio che ha riverberato i suoi effetti anche su altre vicende, come la nomina del procuratore capo di Roma Michele Prestipino, poi annullata come illegittima prima dal Tar e poi dal Consiglio di Stato, che era stata ratificata dopo il «passo indietro» sulla proposta di conferimento di quella poltrona a Marcello Viola: retromarcia innescata proprio dalle intercettazioni degli incontri palamareschi all'hotel Champagne in cui gli interlocutori sembravano «sponsorizzare» Viola, che però era all'oscuro di tutto.

Ci sono poi i guai pugliesi, clamorosi. Come nel caso di Carlo Maria Capristo, ex procuratore capo a Trani e poi a Taranto, che avrebbe, secondo la procura di Potenza, per anni venduto la sua funzione in entrambe le procure in cambio di favori ad avvocati amici e, soprattutto, di un aiuto alla sua carriera, spinta arrivata prima, secondo gli inquirenti, da un altro ex magistrato, Michele Nardi, e poi dall'avvocato siciliano Piero Amara, protagonista dell'anno nero della magistratura, che grazie ai buoni uffici di Capristo si sarebbe guadagnato crediti con Eni (a Trani) e con l'Ilva, sotto processo a Taranto. Intanto a Lecce l'ex pm Emilio Arnesano si è beccato una condanna a nove anni per aver venduto la propria funzione in cambio di favori anche sessuali e altri vantaggi, mentre a Bari il Gip De Benedictis viene arrestato in flagranza di mazzetta: prendeva soldi per scarcerare indagati per mafia, e aveva un arsenale di armi da guerra in campagna. A Trani, oltre al già citato Nardi, il sistema della città pugliese smantellato per sentenza a Lecce ha visto condannati anche gli ex pm Antonio Savasta e Luigi Scimé.

Tornando ad Amara, l'ex «legale esterno» dell'Eni ha raccontato ai pm milanesi Paolo Storari e Laura Pedio a fine 2019 dell'esistenza della cosiddetta «Loggia Ungheria» della quale farebbero parte esponenti di vertice delle forze dell'ordine, avvocati, imprenditori e ovviamente alti magistrati. I verbali vengono poi girati ai pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro che seguono il fascicolo su Eni-Nigeria, ma siccome a Storari sembra che i colleghi e i vertici non indaghino su quanto dichiarato a proposito della loggia, il pm decide mesi dopo di consegnare quei verbali a mano a Piercamillo Davigo, ancora potente consigliere del Csm, che ne avrebbe informato informalmente il vicepresidente del Csm David Ermini e altri magistrati. Ma i verbali, poi, finiscono in pagina su due quotidiani che li ricevono anonimamente, e se Storari è indagato a Brescia per rivelazione di segreto d'ufficio, per quella spedizione è indagata a Roma Marcella Contraffatto, ex segretaria proprio di Davigo. Mentre De Pasquale e Spataro sono stati bacchettati dal tribunale di Milano che ha assolto gli indagati Eni per aver «dimenticato» delle prove che li scagionavano, e sono pure indagati a Brescia.

Pasticci su pasticci, ma mentre per gli arrestati c'è la sospensione dalle funzioni, chi è indagato o sottoposto a procedimento disciplinare continua a fare il suo lavoro. E i tempi non sono sempre rapidi come per Palamara, radiato dal Csm nel tempo record di 9 sedute.

Forse una valutazione di gradimento da parte del popolo non sarebbe poi così malvagia.

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