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Di Maio si riprende il partito. Crimi: ora conflitto d'interesse

Il ministro s'intesta la vittoria del "Sì". Fallisce il blitz di Dibba in Puglia. Rissa nel M5s per il tonfo Regionali

Di Maio si riprende il partito. Crimi: ora conflitto d'interesse

«Mamma mia che disastro». Ci scrive così su whatsapp un deputato del M5s, uno dei tanti parlamentari contrari alla corsa solitaria alle regionali, mentre cominciano ad arrivare le prime proiezioni sulle regioni al voto. L'ennesima debacle nei «territori», confermata a risultati acquisiti. Dinamite per le tensioni interne. L'ex capo politico Luigi Di Maio rimane al centro dei fuochi, bersagliato dalle correnti, eppure, quasi per un paradosso apparecchiato dal destino beffardo dei leader, resta l'unico pronto a gestire la fase di transizione che porterà verso degli Stati Generali avvolti ancora nel mistero. Intanto i fatti parlano di un elettorato grillino che ha preferito il voto utile, per non affossare i candidati della sinistra alleata a Roma. Il risultato meno deludente è l'11% di Antonella Laricchia in Puglia, che comunque non è bastato ai giamburrasca modello Alessandro Di Battista per sabotare la vittoria del centrosinistra di Michele Emiliano. In Campania Valeria Ciarambino si ferma a pochi decimali dal 10%, nelle Marche Gian Mario Mercorelli veleggia intorno al 10%, in Toscana Irene Galletti si attesta al 7% con il centrosinistra vincente, Enrico Cappelletti in Veneto non si schioda dal 4%. In Liguria il candidato giallorosso Ferruccio Sansa è al 41%, a più di dieci punti di distacco da Giovanni Toti del centrodestra.

Tra i Cinque Stelle non c'è una lettura univoca del tonfo, che rappresenta invece l'occasione per mandare in onda un'altra puntata del congresso permanente. E così se il gruppone dei filo-Pd vuole accelerare le pratiche per una specie di fusione a freddo con i dem, la componente «autonomista» più vicina a Di Battista e a Casaleggio mette nel mirino lo stato maggiore, colpevole di non aver fatto campagna elettorale, favorendo la «desistenza» sul territorio. Di Maio pattina tra le accuse e gli scontri interni. Festeggia la vittoria del Sì al referendum e ammette gli errori sulle regionali. «La vittoria del Sì mi rende felice e orgoglioso come cittadino italiano - dice l'ex leader in diretta Facebook - erano 20 anni che l'Italia non raggiungeva un risultato simile. È un segnale positivo di riavvicinamento tra la politica e i cittadini. Un risultato non scontato». Lancia la prossima campagna sulla riduzione degli stipendi dei parlamentari: «Visto che c'è convergenza su questo aspetto, invito il fronte del Sì e del No ad unirsi: riduciamo anche gli stipendi dei parlamentari». Anche il reggente Vito Crimi parla della riduzione degli stipendi e rilancia sul conflitto di interessi: «Un tema su cui non ci fermeremo e andremo avanti, l'informazione deve essere libera dagli interessi dei privati». Di Maio personalizza il successo referendario: «Diverse forze non meglio identificate e dai valori totalmente opposti si sono riunite sotto il vessillo del No con il solo scopo di colpire il governo e anche il sottoscritto». E sulle regionali fa autocritica: «Non faccio mistero del fatto che potevano essere organizzate diversamente e per quanto riguarda il Movimento con un'altra strategia, ma su questo voglio ribadire la mia fiducia a Vito». Vito è Crimi, il reggente sempre più delegittimato e con le valigie in mano. Tanto che aumenta il sospetto di un blitz di Di Maio, pronto a lanciare una votazione - lampo su Rousseau per far scegliere agli iscritti la formula della nuova leadership. «Volete un capo politico o una leadership collegiale?», l'ipotetico quesito.

Ma i parlamentari che chiedono «un congresso vero», almeno una cinquantina, hanno intenzione di salire sulle barricate per stoppare il ricorso alla piattaforma. «I risultati delle regionali danno forza a noi che vogliamo un partito strutturato», dice uno di loro. Che mette sul piatto anche il ridimensionamento del ruolo di Davide Casaleggio. Di Maio medierà tra queste spinte centrifughe, con l'obiettivo di mettere il cappello sulla formazione del direttorio del futuro.

E però potrebbe mancare una casella, quella del sindaco di Torino Chiara Appendino, la favorita del ministro degli Esteri, condannata in primo grado per il caso Ream, ora autosospesa dal M5s.

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