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Ecco la vera storia del Mes: cosa ha "dimenticato" Conte

Il Fondo salva Stati come lo conosciamo oggi è nato con Monti. L'affondo di Tremonti su Conte: "Ecco la verità"

Ecco la vera storia del Mes: cosa ha "dimenticato" Conte

Cerchiamo di ricostruire la storia del Mes, quel meccanismo europeo di stabilità, di cui tutti parlano di questi tempi. Partiamo da una cosa che a molti farà storcere il naso: dire che il quarto governo Berlusconi (2008-2011) sia il padre del Mes è un falso storico. Lo sa chiunque conosca la narrazione di quegli anni. Anni in cui l’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, martellava chiunque sul tema degli eurobond, che avrebbero dovuto accompagnare la nascita di un fondo europeo. Ma andiamo con ordine.

Il Mes entra in vigore nell’ottobre del 2012 (governo Monti) in sostituzione di altri meccanismi provvisori istituiti di volta in volta per far fronte alle carenze di liquidità dei Paesi in crisi. Nonostante non rientri fra le competenze del Parlamento europeo, è prassi che il Mes scambi con gli eletti di Strasburgo periodiche informazioni sul suo funzionamento. Nel giugno 2013, in una risoluzione sul rafforzamento della democrazia nella futura Unione economica e monetaria, e in diverse altre occasioni, Strasburgo chiede di integrarlo nel quadro comunitario rendendolo responsabile davanti al Parlamento.

Nel dicembre 2017, la Commissione presenta una proposta per creare un "Fondo monetario europeo" ancorato nel quadro giuridico dell’Unione. I compiti e i mezzi finanziari del fondo sarebbero trasferiti al Fme e altri compiti potrebbero essere aggiunti in una fase successiva, ad esempio, fungendo da sostegno comune al Fondo di risoluzione unico della Bce. Il meccanismo di gestione e il processo decisionale sarebbe modificato allontanandosi, in casi selezionati, dal principio dell’unanimità. Che vuol dire: nessun veto. Nessun potere di ricatto dei singoli governi.

In un secondo momento, secondo la proposta di Bruxelles, potrebbe anche sviluppare nuovi strumenti finanziari a sostegno di altri programmi Ue e prevedere una possibile funzione di stabilizzazione per l’economia. La proposta della Commissione prevede anche che il presidente dell’Eurogruppo faccia parte dell’esecutivo comunitario, per ridurre l’influenza di ministri e parlamenti nazionali sul Mes. Aumentando quella delle istituzioni comunitarie.

La proposta della Commissione non ha mai incontrato il favore dei Paesi: le discussioni sulla possibile trasformazione del Mes in Fme (sostenuta dalla Francia di Emmanuel Macron) sono state troncate nel 2018 dalla posizione di 8 Paesi nord europei, la cosiddetta Nuova Lega anseatica, che ha irrigidito il dibattito fra diversi approcci, soprattutto in materia di sostegno finanziario ai Paesi e di condivisione del debito. Nello stesso anno, Francia e Germania elaborano una proposta più soft di trasformazione del Mes in Fme prevedendo però di lasciarlo "intergovernativo" (un gradino sotto la scala di integrazione) almeno in un primo momento. E di integrarlo nel diritto Ue solo successivamente, in ogni caso lasciando il processo decisionale in mano ai Paesi.

Anche il Parlamento, qualche mese fa, elabora un contributo alla discussione, accogliendo in parte la proposta della Commissione. Ma suggerendo di non cambiarne il nome in Fondo monetario. Pur mantenendone in un primo momento la natura intergovernativa, bisognerebbe però stabilire una più stringente interazione con il Parlamento europeo. Solo in una fase successiva si può invece prevedere l’integrazione del Mes nel diritto Ue. Il progetto di riforma si è arenato sul tavolo del Consiglio, l’anno scorso, principalmente per l’opposizione del governo italiano.

Ma torniamo a Tremonti. È il 2008. Sono giorni complicati. La crisi finanziaria è solo all'inizio. Della necessità di finanziare il Mes con gli eurobond, ricorda Dagospia, Tremonti ne parla persino in una lettera a Christine Lagarde, quando l’attuale presidente della Bce è ministro delle Finanze francesi (governo di Nicolas Sarkozy). Il fondo salva-Stati nasce un anno dopo, nel 2009, come strumento di diritto privato e incardinato in Lussemburgo (dove si trova tuttora, anche dopo i nuovi trattati), con un documento stilato da un notaio e fatto firmare ai ministri economici dei Paesi membri.

Il messaggio di rigore sui conti pubblici che i Paesi del Nord Europa diffondono (soprattutto tra i loro elettori) si deve accompagnare a una nuova idea di Ue, pronta ad aiutare chi sia in difficoltà finanziaria. Come finanziare questo fondo? Le due idee che si fronteggiano. L’organismo salva-Stati si deve finanziare autonomamente emettendo bond garantiti da tutti gli stati membri (eurobond), oppure deve essere finanziato dai singoli Stati, ognuno dei quali si sarebbe dovuto indebitare per versare la propria quota, calcolata in proporzione al Pil?

Quanto accade nel salvataggio della Grecia è esemplare. I propositi iniziali sono sepolti dagli egoismi nazionali. In quell’occasione la vittima da salvare non è il popolo greco, ma le banche tedesche e francesi che sono zeppe di obbligazioni elleniche (oltre 200 miliardi di euro). Tanto che il dibattito si fa ancora più specifico: visto che il Mes viene usato per salvare le banche, i conferimenti non dovrebbero essere fatti in base al rischio bancario? L’Italia ha un’esposizione minima verso Atene rispetto a Francia e Germania, che avrebbero dovuto sborsare molto di più. Questa linea, ovviamente, non passa: la quota rimase legata al Pil. E il governo italiano viene fatto fuori nel giro di poco in un "golpe", dopo anni riconosciuto anche da altri leader europei al governo in quel periodo. Nel 2012 il governo di Mario Monti, e torniamo al principio di questa storia, si occupa di ratificare l'accordo tutto rigore e zero solidarietà che non era certo nei piani del governo Berlusconi.

Interviene su questo punto anche Tremonti. Non lo convince la ricostruzione storica fatta dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, appena ieri in tv. "Ho difficoltà a condividere la ricostruzione sull’origine del Mes". Tremonti replica alle affermazioni del presidente del Consiglio sull’origine del Fondo salva-Stati e sulle posizioni in proposito in Italia dell’allora governo di centrodestra.

Prosegue Tremonti: "Per quanto mi riguarda e ne ho le prove (a partire dall’articolo di Juncker e Tremonti pubblicato il 5 dicembre 2010 sul Financial Times sotto il titolo "E-bonds would end the crisis"), l’approvazione definitiva del fondo era condizionata all’introduzione degli eurobond: no eurobond no Mes". Non è stato così. Caduto il governo Berlusconi, il Mes è stato definitivamente approvato nel 2012 dal governo Monti: senza eurobond.

Fa sapere l’ex ministro dell’Economia: "La stessa auto può essere usata per andare in ufficio o per fare una rapina. A partire dal 2012 questo meccanismo è stato utilizzato bene in Irlanda, Portogallo, eccetera. Ed invece malissimo in Grecia, teatro delle terribili gesta della sua Troika". Da allora, per un quinquennio, questo accordo si è ritirato nell’ombra come uno zombie. Nell’autunno dell’anno scorso è riapparso animato dall’idea europea di assegnargli nuove missioni, ma il passare del tempo non è stato sufficiente per dimenticare quello che ha fatto in Grecia e per ignorare quanto ancora potrebbe fare di male in altri Stati europei. "Per questo - conclude Tremonti - mi pare che molto bene abbia fatto e faccia in Parlamento l’opposizione a votare comunque contro".

Arriviamo così a oggi. Alle parole dure con cui Giorgia Meloni e Matteo Salvini si oppongono alla logica del fondo salva-Stati. Il centrodestra chiede la convocazione d’urgenza della Commissione di Vigilanza Rai affinché si discuta del grave attacco politico compiuto in diretta tivù dal premier Conte nei confronti di due leader dell'opposizione. Nel lontano 2011 Salvini, allora europarlamentare, e Meloni, all’epoca ministro della Gioventù non hanno mai partecipato alla nascita Mes.

Erano entrambi assenti durante le procedure di voto.

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