Salute

Artrite e complicanze Covid: le ultime frontiere della cannabis terapeutica

Nuovi studi mostrano gli effetti di CBD e THC nel trattamento di patologie resistenti ai farmaci. E, intanto, il Ministero della Salute approva l'introduzione in Italia di una soluzione a base di cannabidiolo per combattere gravi sindromi epilettiche. Ecco le nuove frontiere della cannabis terapeutica

Artrite e complicanze Covid: le ultime frontiere della cannabis terapeutica

Dall'artrite reumatoide, all'epilessia, fino alle complicanze respiratorie causate dal Covid-19. Sono queste le ultime frontiere delle cure a base di cannabis terapeutica, che negli ultimi anni stanno prendendo piede sempre maggiormente. Diversi studi, infatti, hanno dimostrato l'efficacia dei componenti della sostanza nel trattamento di diverse patologie, spesso resistenti ai farmaci tradizionali o per le quali non c'è ancora una cura specifica. Se l'efficacia della cannabis terapeutica per combattere l'epilessia è già consolidata e provata da vari studi, per altre patologie il ruolo di CBD e THC è ancora nebuloso. Ma il processo non si ferma e sono numerosi gli studi recenti relativi alle potenzialità della cannabis nel trattamento di diverse patologie. E ora, le ultime frontiere riguardano l'infiammazione causata dall'artrite reumatoide e la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), diventata tristemente nota per essere una delle complicanze provocate dal Covid-19.

Il CBD contro l'artrite reumatoide

Il cannabidiolo (CBD), uno dei principi attivi della cannabis, si è rivelato efficace per trattare l'infiammazione provocata nei malati di artrite reumatoide. L'ultimo studio sul tema, pubblicato lo scorso settembre su Nature e portato a termine dai ricercatori dell'University Hospital di Duesseldorf (Germania), sottolinea le potenzialità antiartritiche del CBD. Ricerche precedenti, effettuate sui roditori a cui era stata indotta l'artrite, avevano confermato gli effetti analgesici del principio attivo della cannabis, in grado di legarsi ai recettori degli enzimi.

Ma ora, gli studiosi hanno fatto un passo in più, con una ricerca effettuata su 40 pazienti affetti da artrite reumatoide, precedentemente sottoposti all'intervento chirurgico per la sostituzione dell'articolazione del ginocchio. Lo studio ha indagato gli effetti del CBD sui fibroblasti sinoviali dell'artrite reumatoride (RASF), delle cellule presenti nella membrana (chiamata appunto sinoviale) che riveste internamente le articolazioni. I RASF sono tra i principali autori della distruzione articolare perché, come spiegano i ricercatori, "secernono citochine pro-infiammatorie ed enzimi degradanti la matrice". Lo studio ha dimostrato come il CBD sia in grado di ridurre la vitalità delle cellule e la produzione di RASF, rivelando una potenzialità antiartrica della cannabis. Inoltre, la ricerca ha sottolineato anche l'influenza del principio attivo della cannabis sui livelli di calcio intracellulare, che erano aumentati nei pazienti trattati.

Gli scienziati hanno quindi concluso che la cannabis "possiede un’attività antiartritica e potrebbe migliorare l’artrite mirando ai fibroblasti sinoviali in condizioni infiammatorie". È questa una delle ultime frontiere dell'utilizzo della cannabis terapeutica per il trattamento delle patologie.

La cannabis contro la complicanza del Covid-19

Ormai da mesi abbiamo iniziato a convivere con le notizie riguardanti il Covid-19. E, insieme ai dati dei contagi e ai nomi di studiosi ed esperti, abbiamo imparato a conoscere una delle complicanze con il principale fattore di letalità collegata alla pandemia: la sindrome di distress respiratorio acuto (ARDS). Si tratta di un'insufficienza resporatoria polmonare, che "causa fino al 40% di mortalità nell’uomo, poiché non esistono modalità di trattameto specifiche ed efficaci". Ma alcuni studi recenti, che hanno studiato gli effetti della cannabis sulla sindrome respiratoria, sembrano dare una speranza in più sui possibili trattamenti.

Uno studio effettuato sui topi dai ricercatori dell’University of South Carolina ha suggerito, infatti, la capacità del THC (Δ9-tetraidrocannabinolo) di prevenire le complicazioni della ARDS. Uno dei fattori che scatena la sindrome di distress respiratorio acuto è l’enterotossina strafilococcica B (SEB), un potente super antigene batterico, in grado di causare la "tempesta di citochine", che in alcuni casi diventa letale. I ricercatori hanno esposto i roditori a una dose di SEB, per indurre l'ARDS che in questo caso innescano la mortalità al 100%. Un precedente studio aveva dimostrato che l'assunzione di THC prima della somministrazione del SEB poteva prevenire la sindrome respiratoria. E ora, gli scienziati hanno notato che il cannabinoide è in grado di limitare i danni anche se assunto dopo l'esposizione al SEB. I risultati mostrano che "il trattamento con THC previene i danni polmonari indotti da SEB attraverso una riduzione delle cellule immunitarie infiltranti".

Una ricerca simile, pubblicata lo scorso ottobre, è stata portata a termine dagli studiosi del Dental College della Georgia che hanno osservato il ruolo del CBD. "I nostri dati dimostrano che il CBD migliora la struttura polmonare ed esercita un potente effetto antinfiammatorio dopo l'ARDS sperimentale", hanno precisato i ricercatori, sottolineando l'importanza di queste analisi per cercare il modo di ridurre il tasso di ospedalizzazione e di mortalità causato dal Covid-19. Lo studio mostra che "il CBD può migliorare i sintomi dell'ARDS attraverso l'eccessiva regolazione della apelin, un peptide con un ruolo significativo nella regolazione centrale e periferica dell'immunità, del sistema nervoso centrale, del sistema metabolico e cardiovascolare".

Nonostante siano necessarie ulteriori per confermare questi risultati, le ultime ricerche sulla somministrazione dei cannabinoidi contro l'ARDS potrebbero significare un passo avanti nel trattamento della sindrome respiratorio, rappresentando un ulteriore utilizzo della cannabis terapeutica.

Cannabis ed epilessia

Da qualche tempo, infine, il ruolo della cannabis terapeutica è stato riconosciuto anche nel trattamento dell'epilessia pediatrica. Ed è recente la notizia dell'introduzione, in Italia, di farmaci a base della sostanza, per il trattamento della sindrome di Dravet e per la sindrome Lennox-Gastaut. Lo scorso primo ottobre, infatti, il Ministero della Salute ha approvato un decreto, pubblicato poi sulla Gazzetta Ufficiale, in cui viene stabilito l'inserimento nella tabella dei medicinali, sezione B, dei trattamenti a base di cannabidiolo, usati per trattare i due tipi di epilessia risultati resistenti ai farmaci tradizionali e che spesso compaiono nei bambini. Nella tabella, spiega il decreto "è inserita, secondo l'ordine alfabetico, la seguente categoria di sostanze: composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di cannabis".

Così, il trattamento per queste due forme di epilessia, è diventato realtà anche in Italia, dopo aver ricevuto l'autorizzazione per essere messa in commercio da parte dell'European Medicines Agency (EMA). Ora il farmaco, che è in grado di ridurre di oltre il 40% la frequenza delle crisi epilettiche, anche a 12 mesi dal trattamento, con conseguenze positive sulla qualità della vita, è sotto la lente di ingrandimento dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA). Attualmente, spiega il decreto, "è in corso di valutazione presso l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) una richiesta di autorizzazione all'avvio della commercializzazione di un medicinale, in soluzione orale contenente cannabidiolo". Il farmaco, precisa ancora il Ministero, controllato attraverso un programma di uso compassionevole, notificato all'AIFA, per i pazienti in trattamento con sindrome di Dravet e sindrome di Lennox-Gastaut".

In poco tempo, gli studi sugli effetti positivi della cannabis si sono moltiplicati, accendendo l'interesse verso varie patologie, per trovare nuovi trattamenti utili, nei casi non sia conosciuta una cura efficace o la malattia sia resistente ai farmaci convenzionali.

E gli ultimi studi sull'uso della cannabis terapeutica hanno toccato l'artrite, la sindrome da distress respiratorio e l'epilessia.

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