Cronaca giudiziaria

"Ho ricevuto un invito a comparire". Mario Mori indagato per le stragi del '93

L'ex comandante del Ros, già assolto in passato per il favoreggiamento a Bernardo Provenzano e per la trattativa stato-mafia, ha resono noto di avere ricevuto un avviso di garanzia dalla procura di Firenze perché sotto inchiesta per i reati di strage e associazione mafiosa

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A Firenze risulta indagato il generale dei Carabinieri Mario Mori, ex comandante del Ros, nel fascicolo aperto sulle presunte complicità esterne delle stragi mafiose del 1993. A rendere nota la notizia è stato lui stesso: "Nel giorno del mio 85esimo compleanno ho ricevuto dalla Procura della Repubblica di Firenze un avviso di garanzia con invito a comparire per essere interrogato in qualità di indagato per i reati di strage, associazione mafiosa e associazione con finalità di terrorismo internazionale ed eversione dell'ordine democratico". L'inchiesta giudiziaria aperta nel capoluogo toscano, coordinata dai procuratori aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli, ha l'obiettivo di individuare i presunti ispiratori politici delle bombe mafiose di Firenze, Roma e Milano.

Il generale rende noto che i magistrati gli contestano che "pur avendone l'obbligo giuridico, non avrebbe impedito mediante doverose segnalazioni e denunce all'autorità giudiziaria", ovvero tramite l'adozione di autonome iniziative investigative e preventive, gli eventi stragisti di cui aveva avuto anticipazioni, che poi si erano verificati a Firenze, Roma e Milano, nonché il fallito attentato allo stadio Olimpico. Secondo i pm di Firenze, quindi, pur essendo a conoscenza degli imminenti attentati, Mori non avrebbe fatto nulla per impedirli. Lui parla di una "violenta persecuzione giudiziari "portata avanti e durata ben 22 anni, che mi ha visto imputato in ben tre processi "nei quali sono stato sempre assolto - ricorda Mori - credevo di poter trascorrere in tranquillità quel poco che resta della mia vita".

Tuttavia ex comandante del Ros deve "constatare che, evidentemente, certi inquirenti continuano a proporre altri teoremi, non paghi di inique pronunce assolutorie e nemmeno della recente sentenza della Suprema Corte " che nell'aprile scorso ha sconfessato radicalmente le loro tesi definendole "interpretazioni storiografiche". "Per questo motivo, quei giudici della Cassazione - aggiunge - sono stati duramente criticatati dal consesso dei lottatori antimafia nella totale indifferenza del Csm che, dinnanzi a questi violenti e volgari attacchi, tace a fronte di questo disegno che ha come unico obiettivo quello di farmi morire sotto processo".

Quelle a suo carico, ribadisce Mori, sono "accuse surreali e risibili se tutto ciò non fosse finalizzato alla gogna morale che sarò costretto a subire ancora per chissà quanti anni Basti pensare alla circostanza – prosegue – che, a Palermo, mi hanno processato per 11 anni, con l'accusa di aver 'trattato' con la mafia e siglato un accordo con Bernardo Provenzano per far cessare le stragi". La sentenza di condanna, in primo grado a 12 anni, poi spazzata via da quella di appello e di Cassazione, affermava che lui avrebbe "esortato" e, quindi, "sollecitato" i vertici mafiosi a comunicare le condizioni per ritornare alla situazione di pacifica convivenza "che si era protratta sino alla conferma delle condanne all'esito del maxi processo e, dunque, per non commettere più le stragi".

Mario Mori ricorda così che la sentenza di appello, nell'assolverlo ha riconosciuto che la sua condotta ebbe "come finalità precipua ed anzi esclusiva quella di scongiurare il rischio di nuove stragi" e che aveva effettivamente come obiettivo quello di "porre un argine all'escalation in atto della violenza mafiosa che rendeva più che concreto e attuale il pericolo di nuove stragi e attentati" con il conseguente corredo di danni in termini di "distruzioni, sovvertimento dell'ordine e della sicurezza pubblica e soprattutto vite umane", spiega. Secondo i giudici di Palermo, insomma, Mario Mori venne mosso esclusivamente "da fini solidaristici (la salvaguardia dell'incolumità della collettività nazionale) e di tutela di un interesse generale – fa notare il generale – e fondamentale, dello Stato. Oggi vengo indagato per non avere impedito le stragi - conclude - quindi con una virata di 360 gradi rispetto al precedente teorema".

Il governo difende il generale Mario Mori

La maggioranza di governo fa quadrato attorno al generale Mori. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano comunica di avere ricevuto a Palazzo Chigi il generale Mario Mori "che conosco da oltre 25 anni e del quale ho sempre apprezzato la lucidità di analisi e la capacità operativa, nei vari ruoli che ha ricoperto, in particolare alla guida dei Ros dei Carabinieri e del Sisde". L'esponente dell'esecutivo presieduto da Giorgia Meloni gli ha manifestato per un verso "vicinanza di fronte alle contestazioni che gli vengono rivolte, delle quali mi ha messo a parte" e per altro verso "sconcerto, nonostante che decenni di giudizi abbiano già dimostrato l'assoluta infondatezza di certe accuse". Il sottosegretario ribadisce gli "eccezionali risultati che la dedizione e l'impegno" del generale Mori che "esigerebbero solo gratitudine da parte delle istituzioni nei suoi confronti. Tutte le istituzioni, magistratura inclusa".

Un'ulteriore dimostrazione di solidarietà da parte del centrodestra è poi rappresentata dalle parole di Guido Crosetto secondo il quale, con questa inchiesta, si vuole solo "dimostrare che chi sfida il potere di alcuni, chi non si inchina alle logiche della casta, deve essere distrutto. Perchè tutti devono sapere quanto sia grande il potere di far male a chiunque, di cui dispongono alcuni". Per il ministro della Difesa questi sono atti che si vedono "nelle autocrazie, sono la dimostrazione che la legge non è uguale per tutti e che le garanzie costituzionali non valgono per alcune". persone Gasparri parla di "una tragica dimostrazione di un accanimento persecutorio" nei confronti di un "benemerito dalla lotta alla criminalità" da parte della "stessa procura che perseguita Berlusconi e Dell'Utri con teorie che non voglio nemmeno definire perché nessuna definizione di contestazione sarebbe adeguata". Ecco quindi che il capogruppo di Forza Italia al Senato desidera esprimere una "rinnovata, rafforzata, pubblica solidarietà al generale Mori, che paga ancora oggi le conseguenze di aver arrestato Totò Riina, di avere stroncato la mafia e tanti altri fenomeni criminali".

Una figura esemplare di italiano "che ha combattuto il terrorismo accanto ad Alberto Dalla Chiesa e che ha combattuto la criminalità organizzata insieme ad altri valorosi Ufficiali". La decisione presa dalla procura del capoluogo toscano Firenze dimostra che serve una "immediata e drastica riforma della giustizia. Nordio si muova. E mandi un'ispezione a Firenze perché questa roba deve cessare. Una cosa indefinibile. Una situazione inguardabile". Secondo l'ex ministro servirebbero gli ispettori "oggi stesso per porre fine alla persecuzione nei confronti degli eroi della legalità. Sono indignato e deciso a difendere la legalità repubblicana e democratica di fronte a queste vicende", conclude Gasparri.

Gli fa eco Giorgio Mulè che paragona "l'enormità e l'abnormità dell'accusa mossa dalla procura di Firenze" come un "orribile necrologio in vita verso un leale servitore dello Stato".

Oggi, che il generale Mori ha appena compiuto 85 anni, "quella vetta di ignominia" per chi come lui ha obbedito al giuramento di fedeltà alla Repubblica "tocca il punto più alto con la contestazione dei reati di strage, associazione mafiosa e associazione con finalità di terrorismo internazionale ed eversione dell'ordine democratico - aggiunge il vicepresidente della Camera -. Non siamo più all'accanimento, siamo davanti alla tortura di un cittadino italiano al cui cospetto questo Paese dovrebbe solo inchinarsi".

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