Cronaca internazionale

"Una guerra immaginaria alle droghe". I dati che smascherano il governo messicano

Secondo i dataset consultati da Reuters, solo il 5% di laboratori per la produzione della droga attaccate dall'esercito messicano erano attive. Si sospetta un tentativo del presidente Obrador di gonfiare i suoi risultati per la pressione degli Usa

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Nonostante le pressioni degli Stati Uniti per porre fine al traffico di fentanyl, pare che la portata delle azioni delle autorità del Messico sia stata notevolmente sovradimensionata. Secondo i dati raccolti da Reuters, il ministro della Difesa del Paese centroamericano (Sedena) ha dichiarato di aver ordinato raid contro 527 laboratori per la produzione della droga nei primi sette mesi del 2023, ma solo il 5% di essi era attivo.

I numeri consultati dal media britannico hanno rivelato uno schema simile anche per i primi quattro anni e mezzo di governo di Lopez Obrador, con le strutture inutilizzate che hanno rappresentato l’89% dei bersagli nei 1.658 assalti effettuati dalle forze armate a partire dal dicembre del 2018. Secondo l’ex capo dei servizi segreti messicani Guillermo Valdes, l’inserimento dei laboratori abbandonati nel conteggio è servito a gonfiare il prestigio del presidente, pressato dall’amministrazione Biden per cui il soffocamento del traffico di fentanyl è diventato una priorità.

Il Sedena sta rovinando la sua reputazione. Chi gli crederà più?”, ha commentato Valdes, molto critico verso la strategia di sicurezza adottata da Obrador. Un’altra discrepanza notata da Reuters è il fatto che quasi tutti i laboratori presenti nell’elenco fornito dal ministero sono etichettati come siti per la produzione di metanfetamine, ma ad agosto lo stesso dicastero ha presentato un video in cui si affermava che i suoi funzionari avevano identificato 37 strutture in cui si effettuavano i processi finali della creazione del fentanyl, compreso il confezionamento in pillole. Il Sedena si è rifiutato di commentare queste incongruenze.

Questo fatto ha però attirato l’attenzione dei deputati statunitensi. Il senatore repubblicano Chuck Grassley, co-presidente della Commissione per il controllo internazionale degli stupefacenti, ha affermato che, stando ai dati, pare che il Messico stia “combattendo una guerra immaginaria contro la droga progettata per ottenere punti politici piuttosto che per salvare vite umane”. A rende ancora più sospetta la situazione, un nuovo dataset pubblicato l’11 dicembre presentava gli stessi numeri di quello di agosto, ma tutti i laboratori “inattivi” erano stati spostati sotto la sezione “attivi”. Anche in questo caso, il Sedena non ha voluto fornire spiegazioni.

Va sottolineato che talvolta la scoperta di strutture abbandonate è legata alla collusione tra i cartelli della droga e ufficiali dell’esercito. Due trafficanti attivi a Sinaloa, punto nevralgico del traffico di fentanyl, hanno definito “comuni” gli scambi tra gruppi criminali e soldati: droga e ubicazione di laboratori inattivi in cambio di informazioni sui prossimi raid. Uno di loro ha anche affermato che spesso le incursioni nei siti di produzione di stupefacenti sono “fatte a scopo dimostrativo”.

Pare dunque che il presidente Obrador sia schiacciato fra tre fronti: le pressioni di Washington, la corruzione all’interno delle forze armate e il suo stesso modus operandi, più incline ad un approccio meno conflittuale diretto ad affrontare le cause profonde della violenza diffusa nel Paese e non a decapitare le organizzazioni criminali.

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