Cronaca nera

"Ho pensato di morire": lo stupro di Palermo tra minacce e violenza

Parla in prima persona la sopravvissuta allo stupro di Palermo e racconta la paura, la rabbia e le minacce subite dopo la denuncia

Screen Quarto Grado
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"Ho pensato di morire": lo stupro di Palermo tra minacce e violenza

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Avrei preferito morire”. La sopravvissuta al branco, allo stupro di Palermo, è stata intervistata a Quarto Grado dalla giornalista Francesca Carollo. E ha ripercorso, in maniera scioccante, sia cos’è accaduto la sera dello scorso 6 luglio, sia quello che è accaduto dopo: com’è stata soccorsa, le minacce ricevute, la forza a cui ha dovuto fare appello.

Il conduttore Gianluigi Nuzzi ha sottolineato che i fatti di Palermo sono iniziati come un corteggiamento: A., la 19enne abusata, conobbe un membro del branco, il 23enne Angelo, sui social, e iniziò tra loro una frequentazione scevra da segnali di pericoli, tra passeggiate e gite al mare. “Mi diceva cose carine”, ha raccontato la giovane. Una frequentazione però in cui lei era ignara che lui avesse una fidanzata.

Poi quel 6 luglio in piazza Caracciolo, A. incontrò il 23enne, che si trovava insieme ad altri 6 amici. Dopo che l’amica di A, con cui aveva trascorso la serata, tornò a casa, il branco avrebbe sfidato la 19enne a una gara di shottini, scherzando con il barista e affermando che se ne sarebbero occupati in caso di ebrezza. Tuttavia le telecamere di sorveglianza hanno ripreso il branco con la ragazza spostarsi fino a un cantiere di via Foro Italico, palpeggiandola lungo la strada, senza che nessuno si fermasse ad aiutarla.

Ad A. È stato chiesto se avesse avvertito una sensazione di pericolo. “Io l’ho avvertita quando stavo camminando con loro, anche se ero un pochettino, diciamo, brilla. Di conseguenza mi sono cominciata a sentire strana, mi hanno iniziato a toccare, quindi già da questo ho iniziato ad avere paura”, ha raccontato.

Dopo lo stupro, A. avrebbe pregato Angelo di chiamare l’ambulanza, ma lui si sarebbe messo a ridere, a schernirla imitando i suoi lamenti, seguito dalle risate degli altri, che in coro avrebbero detto: “Ma che ambulanza e ambulanza, così ci denunci per… cioè questa è una cosa… è uno stupro di massa”.

Stando al racconto della giovane, il branco la avrebbe aiutata a rivestirsi e sarebbe fuggito. A. si sarebbe trascinata di fronte al marciapiede del cantiere e sarebbe stata soccorsa da alcuni passanti, che hanno chiamato l’ambulanza. A. sarebbe stata un’ora senza parlare, perché “non ero molto contenta a denunciare”. Ma alla fine avrebbe fatto il nome dell’unico conoscente, denunciando.

Ma alla denuncia sarebbero seguite minacce. “Verso fine agosto - ha proseguito A. - un’amica di questa ragazza di Angelo mi ha chiamato e mi ha detto: ‘Sai, c’è una persona al telefono, che ha bisogno di parlare con te’. Praticamente questa al telefono mi inizia a dire che dovevo, appunto, levare la denuncia, che mi spaccavano la testa”.

Da parte sua A. ha spiegato di aver provato emozioni contrastanti: schifo, rabbia, senso di colpa. Ha perfino pensato di ritirare la denuncia, ma poi si è fatta forza: “Non so se riuscirò a fidarmi nuovamente delle persone, soprattutto dei ragazzi. Poi invece ho dei momenti in cui magari mi dico: ‘Perché io non devo farcela? Perché io mi devo annullare’”.

Carollo le ha chiesto infine se le sia balenata in mente l’idea di morire in quei momenti dello stupro di gruppo.

- ha risposto - Mi è nata semplicemente quando continuavo a svenire, continuavano ad alzarmi, e poi con quei dolori non so cosa mi potesse succedere, continuavo a fidarmi nonostante tutto, magari che Angelo potesse chiamarmi un’ambulanza, mi sarei sentita meglio, però quando sono stata lasciata in quel modo anzi forse avrei preferito morire”.

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