Cronache

"Diritto al non respingimento": così le toghe vietano di chiudere i porti

Con una sentenza storica della Corte di cassazione sul caso Vos Thalassa si dà il via libera agli ingressi irregolari in Italia

"Diritto al non respingimento": così le toghe vietano di chiudere i porti

La sentenza per i fatti avvenuti a bordo del rimorchiatore Vos Thalassa sa di beffa. La Cassazione, infatti, ha assolto definitivamente i due migranti che nel luglio 2018 vennerso accusati di aver cercato di dirottare con violenza l'imbarcazione battente bandiera italiana per evitare il rimpatrio in Libia. Fu necessario l'intervento delle forze speciali della marina militare per tutelare l'equipaggio. Con l'ultimo grado di giudizio è stata riformata la sentenza d'appello, che aveva a sua volta ribaltato quella di primo grado.

Il comunicato di Area democratica

È una questione spinosa, sulla quale l'agire dei giudici è andato a sovrapporsi al dibattito politico che. E lo si legge chiaramente nel comunicato rilasciato dai magistrati di Area democratica per la giustizia: "La corte di Cassazione ha definitivamente assolto i due migranti che il 10 luglio 2018, dopo essere stati salvati dal naufragio e imbarcati sulla nave Vos Thalassa, si opponevano al loro immediato respingimento attraverso la riconduzione in Libia. La Cassazione ha ritenuto che la loro resistenza ad un rimpatrio illegittimo non è punibile, con ciò sconfessando la dottrina dei 'porti chiusi' adottata dal ministro degli interni dell'epoca, Matteo Salvini".

I tre gradi di giudizio

La Cassazione ha deciso di far prevalere il principio giuridico della "legittima difesa", introducendo il principio del "diritto al non respingimento". La sentenza segna un punto importante nella lotta contro l'immigrazione irregolare, perché nei fatti impedisce qualunque tentativo di fermare gli ingressi irregolari in Italia. La Corte d'appello di Palermo, il 3 giugno del 2020, aveva riformato la sentenza assolutoria e condannato i due giovani profughi alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione e 52.000 euro di multa ritenendo l'approccio del giudice di primo grado "ideologico" sul rilievo che "tali problematiche devono trovare adeguata soluzione nell'unica sede a ciò deputata, ossia quella politica del confronto interstatuale".

Una decisione che ribaltò quella del gip, che ha considerato la "condotta scriminata dalla legittima difesa poiché i due giovani, fuggiti dall'inferno libico, avevano agito al fine di salvare sé e gli altri naufraghi dal rischio di patire nuove, gravissime lesioni dei diritti alla vita, alla integrità fisica e sessuale, a tutela della loro prerogativa di essere portati in un place of safety e di ottenere protezione internazionale".

I fatti

Quel giorno di luglio, il rimorchiatore Vos Thalassa salvò più di 60 migranti a bordo di una barca in procinto di affondare. Li trasse a bordo e contattò le autorità italiane che, a loro volta, inoltrarono la comunicazione a quelle libiche. In assenza di risposta, il Mrcc di Roma invitò il rimorchiatore a fare rotta verso Lampedusa. Successivamente il Vos Thalassa venne contattato dalla guardia costiera che chiese di fare rotta verso le coste africane per permettere alle autorità libiche di prendere in carico il soccorso.

Il comandante del rimorchiatore contattò nuovamente le autorità italiane che autorizzarono la nave a dar seguito alle indicazioni dei libici ma nel corso della notte uno dei migranti, grazie a uno smartphone con gps, si rese conto che la nave aveva invertito la rotta. Un gruppo di migranti, secondo quanto ricostruito dalle sentenze di primo e secondo grado, chiese in modo agitato e violento, con anche minacce, di invertire la rotta.

Con la situazione tesa a bordo della nave, le autorità italiane mandarono sul posto la motonave Diciotti che trasbordò i migranti e li condusse in Italia.

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