Cultura e Spettacoli

L'oblio delle foibe e le responsabilità della Prima Repubblica

Il volume di Carla Isabella Elena Cace, "Foibe ed esodo. L'Italia negata", ricostruisce le responsabilità di alcuni partiti, Pci in primis ma anche Dc, nel processo di cancellazione degli eccidi titini

L'oblio delle foibe e le responsabilità della Prima Repubblica

La pulizia etnica, l'abisso della brutalità, il feroce sterminio di migliaia di italiani nelle fosse carsiche dell'allora Jugoslavia, la formidabile e incredibile cancellazione dai libri di scuola del dramma perpetrato dai partigiani titini, la certosina opera di rimozione da parte del Partito Comunista italiano con la colpevole distrazione della Democrazia Cristiana, la memoria silenziata, la vergogna delle offese subite dagli istriani, dalmati e giuliani (i «cosiddetti esuli») soprattutto nelle regioni rosse, dopo la loro cacciata, i dettagli nascosti per anni delle disumane pratiche di eliminazione di circa 15mila italiani, con le vittime legate dai titini con il filo di ferro l'una all'altra, spesso dopo aver violentato le donne, e poi portate sull'orlo dei grandi inghiottitoi e caverne verticali, con un colpo sparato alla testa del più fortunato, e come in un domino disumano, tutto il gruppo giù nel vuoto con lui.
Giornalista e storica dell'arte, Carla Isabella Elena Cace è esule di terza generazione proveniente da un'antica famiglia di medici irredentisti di Sebenico. Dopo aver scritto, sempre sul tema del Confine Orientale, «Giuseppe Lallich, dalla Dalmazia alla Roma di Villa Strohl-Fern», «Foibe, martiri dimenticati» e «Foibe, dalla tragedia all'esodo», oggi ritorna su un argomento che è parte della sua vita e della sua tradizione familiare, con un nuovo volume: «Foibe ed esodo. L'Italia negata», edito da Pagine. «Questo volume è dedicato a mio nonno, Manlio Cace, ufficiale medico esule da Sebenico e presidente dell'Associazione Nazionale Dalmata» scrive l'autrice. «I suoi numerosi scritti e documenti fotografici hanno contribuito a smantellare "la congiura del silenzio». A lui una promessa: «Non smetterò mai di raccontare la tua storia, che è anche la mia. Ma il testo è stato scritto con la mente piena dei personali ricordi di tre personaggi, recentemente scomparsi, che mi hanno insegnato tanto e che tanto ci hanno lasciato: Luigi Papo, Licia Cossetto e il maestro Ottavio Missoni».
Sono trascorsi dieci anni dall'approvazione della legge che istituisce il 10 febbraio, «Giorno del Ricordo» dei martiri delle foibe e degli esuli istriani, fiumani e dalmati. E purtroppo le cronache di questi giorni sono ancora sporcate da offese, dimenticanze e deliranti ricostruzioni dettate dal livore, dal totalitarismo mascherato, dall'idea di sostituire alla storia dell'uomo e dei suoi crimini una versione di comodo, dalla volontà di rappresentare, circoscrivere e liquidare un dramma dell'intera popolazione italiana come una ferita di parte. Non è facile riempire le pagine di una storia lontana e scomoda, un volume che tanti vorrebbero restasse bianco. Il libro di Carla Isabella Elena Cace tenta di ricostruire i tanti buchi neri della coscienza storica e politica italiana. Un dramma nel dramma vissuto dalle seconde e dalle terze generazioni che ben conoscevano la realtà dei fatti e le sofferenze patite da genitori e nonni. «Il Pci fu sempre contrario ad ascoltare le ragioni dei giuliano-dalmati per motivi ideologici e per non incrinare l'amicizia con i popoli jugoslavi. Ma anche la Dc ebbe un atteggiamento ponziopilatesco» spiega. Una congiura del silenzio oggi sempre più difficile da sostenere, una rimozione fallita che dal negazionismo si sta trasformando in una sorta di «riduzionismo» dell'eccidio.

Per questo, spiega la Cace in una intervista a il Tempo, bisogna lottare ancora e il lavoro di ricostruzione non deve fermarsi. «Non bisogna mai stancarsi di raccontare e scompaginare questi lunghi anni di silenzio. Oggi siamo solo al punto di partenza».

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