Economia

Pm contro Marchionne, indagata la Fiat

La Procura di Nola: "Ha discriminato la Fiom". Landini: "Siamo pronti a costituirci parte civile"

L'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne
L'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne

Sorpresa di Pasqua spiacevole per Fiat, che ora rischia il rinvio a giudizio dopo che la Procura della Repubblica di Nola, a conclusione delle indagini preliminari, ha contestato all'ad Sergio Marchionne e al responsabile di Fabbrica Italia Pomigliano, Sebastiano Garofalo, la discriminazione degli iscritti Fiom nel trasferimento dei dipendenti di Fiat Group Automobiles alla newco campana.

Maurizio Landini, segretario generale dei metalmeccanici Cgil (nella foto tonda), non dà tregua al Lingotto e, come sottolinea una nota del gruppo industriale, «tale iniziativa è l'ennesima espressione dell'inusitata offensiva giudiziaria avviata dalla Fiom nei confronti di Fiat da più di due anni». Sono infatti ben 62 i ricorsi avviati da Landini, 45 dei quali decisi da 22 giudici in favore dell'azienda, sette in favore del sindacato «rosso», altrettanti con rinvio alla Corte costituzionale per la questione di legittimità delle norme da applicare e tre cause non ancora definite.

L'intervento della Procura di Nola sembra comunque giunto fuori tempo, visto che l'1 febbraio scorso la Newco di Pomigliano è stata trasferita nella società Fiat Group Automobiles, in quanto sono stati superati «i presupposti che avevano portato all'attivazione di una specifica società per la realizzazione della nuova Panda e alla creazione di un sistema di produzione mediante un contratto di rete di imprese».

Fiat definisce «sconcertante e paradossale che ora Fabbrica Italia Pomigliano, per il solo fatto di aver cercato di avviare - con il consenso della maggioranza dei lavoratori e delle rappresentanze sindacali un sistema di relazioni industriali innovativo e adeguato alle esigenze del mercato attuale - si trovi a essere destinataria di un interminabile, strumentale e infondato contenzioso». E sempre il Lingotto, che puntualizza come le sue ragioni non siamo mai state ascoltate, giudica ancora «paradossale» che destinatario dell'iniziativa del pm campano, «sia ora l'ad Marchionne, il quale ha mai avuto, né può aver avuto parte, nella gestione, peraltro del tutto legittima, delle rappresentanze sindacali e dei processi di assunzione in Fabbrica Italia Pomigliano». La nota stizzita di Fiat aggiunge anche che «se il gruppo avesse inteso discriminare gli iscritti alla Fiom, non avrebbe certo acquisito e rilanciato con importanti produzioni della Maserati lo stabilimento di Grugliasco (ex Bertone), dove la stragrande maggioranza degli addetti era notoriamente aderente alla Fiom».

Si riapre così la querelle sull'impianto campano che produce la nuova gamma della Fiat Panda, modello che recentemente è entrato nella classifica dei più richiesti in Europa. «Fip - rileva in proposito la nota di Fiat - ha realizzato un investimento di centinaia di milioni per ridare vita allo stabilimento alle porte di Napoli, lo ha trasformato in un sito universalmente riconosciuto come uno dei migliori del mondo e si è impegnata a fondo per creare le condizioni per l'occupazione di tutti gli addetti. Tutto ciò senza la perdita di un solo posto di lavoro».

«Da tempo denunciamo la violazione dei diritti sindacali e la discriminazione contro i nostri iscritti - risponde Landini -; se arriveremo al rinvio a giudizio faremo tutto quello che possiamo, compresa la costituzione a parte civile. Ho fiducia nel lavoro delle Procure e nella giustizia. Fiat sta discriminando i lavoratori iscritti alla Fiom e ha fatto di tutto per impedire che abbiano le libertà sindacali riconosciute nel Paese».

Di parere opposto i leader dei sindacati che hanno portato avanti, con Fiat, la rinascita di Pomigliano: «È un'ulteriore mazzata al Sud e all'industria metalmeccanica - afferma Rocco Palombella (Uilm) -; un'iniziativa del genere non aiuta in una situazione così difficile». Giovanni Centrella (Ugl) punta invece il dito contro «l'ennesimo errore della magistratura».

Infine Ferdinando Uliano (Fim): «Mi auguro che tutto questo non incida sulle future decisioni di Marchionne sull'Italia».

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