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Sul futuro della rete Tim si spacca il vertice di Vivendi

Il gruppo francese pretende un'assemblea straordinaria smentendo le "aperture" del Cfo, vicino ai Bolloré

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I segnali si intuivano da tempo, ma ieri si è avuta conferma che sul tema della rete di Tim il vertice di Vivendi è spaccato. Da una parte l'erede di Vincent Bolloré, il 43enne Yannick, dall'altra la vecchia guardia guidata da Arnaud de Puyfontaine. E la spaccatura si è consumata platealmente dopo che giovedì il Cfo François Laroze, di nomina Yannick, aveva dichiarato che il voto su scorporo e cessione della rete avrebbe dovuto essere valutato da un'assemblea dei soci «perlomeno ordinaria». Ma ieri mattina «ambienti vicini» al quartier generale parigino hanno fatto sapere che il vertice pretende la convocazione di un'assemblea straordinaria.

Di fronte a una semplice indiscrezione la Consob avrebbe dovuto chiedere a Vivendi una nota ufficiale. Sorprende, pertanto, la mancanza di attenzione su un tema tanto delicato anche perché quanto accaduto ieri confonde ulteriormente il mercato, dove ieri Telecom ha ceduto il 3,6% a 0,257 euro. L'apertura di Laroze, che contraddiceva le rigidità di de Puyfontaine verso l'offerta di Kkr, probabilmente rifletteva l'atteggiamento più disponibile di Yannick, inaccettabile per il ceo, timoroso di apparire meno credibile. Di qui la necessità di correggere senza esitazioni il messaggio. In un'assemblea straordinaria, infatti, Vivendi con il suo 23,75% potrebbe condizionare gli esiti con una semplice astensione. Circostanza improbabile, invece, in un'assemblea ordinaria, dove valgono altri quorum. Per questo l'ad Pietro Labriola e la maggioranza dei consiglieri privilegiano questa seconda opzione, forti anche di alcuni autorevoli pareri secondo i quali per lo scorporo-cessione della rete basterebbe il via libera del cda. Restano le considerazioni sulla pretesa di Vivendi, che ancora ieri ha ribadito la sua contrarietà alla vendita a meno che la rete non venga valutata 31 miliardi contro i 23 complessivi offerti da Kkr.

Rothschild, advisor del gruppo francese, è giunto a quella cifra partendo da una valutazione netta di NetCo pari a 24 miliardi. Come si giustificano quei 7 miliardi in più? Secondo alcune fonti, sarebbero una sorta di indennizzo che de Puyfontaine avrebbe preteso per le gravi perdite subite (minusvalenza complessiva di 3,15 miliardi a fine 2022; ndr) a causa degli errori commessi sin dall'ingresso nel 2014 dai quattro ad che hanno guidato Tim prima di Labriola. La loro designazione e le loro scelte, però, sono state condivise e persino imposte da de Puyfontaine.

Sarebbe paradossale che a pagare quegli errori debbano essere il mercato e i contribuenti italiani.

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