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"Clima d'odio". La Russa condanna il gesto della pistola dello studente a Meloni

Il presidente del Senato auspica che la punizione del ragazzo non sia troppo eccessiva: il "clima esterno lo ha indotto a ritenere normale fare quel gesto verso Giorgia Meloni"

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Ignazio La Russa ritorna sul gesto della pistola fatto un paio di giorni fa da quello studente del liceo Righi di Roma durante le comunicazioni in Senato di Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo odierno. Subito dopo quell'episodio erano arrivate immediatamente le scuse sia della preside dell'istituto scolastico sia dello stesso ragazzo. Il presidente del Senato, nel leggere la lettera della direttrice scolastica, si era permesso di sostenere in Aula di non punirlo troppo. Oggi spiega il motivo di quell'affermazione: "Credo che la responsabilità del ragazzo ci sia perché ciascuno, anche se minorenne, è responsabile fino a un certo punto dei propri atti". Tuttavia La Russa ritiene allo stesso tempo che sia più che altro "il clima esterno" ad averlo "indotto a ritenere normale, ospite al Senato, fare il gesto della pistola verso il presidente del Consiglio".

Nella puntata di "Cinque minuti", che andrà in onda questa sera su Rai1 - rispondendo a una domanda di Bruno Vespa sulla mando dello studente che mima l'impugnazione di una pistola - secondo la seconda carica dello Stato il problema risiederebbe in un "clima di odio" che emerge "anche senza volerlo" da "certe parole e certi atteggiamenti". In ogni caso l'odio politico in Italia non rischia di andare fuori controllo: "Penso che la lezione degli anni '70 in qualche modo sia servita - dichiara La Russa -. Le parole del presidente della Repubblica e anche le prese di posizione di molti esponenti politici di varie aree mi fanno sperare bene. Però il rischio c'è". Il presidente del Senato lo intravvede in quello che avviene nelle università: "Gli episodi di intolleranza, ancora non troppo violenta ma in qualche caso anche violenta, mi fanno pensare che si sia vicini a un punto di rottura. Il tentativo di non far parlare chi non la pensa come te assomiglia agli inizi degli anni '70".

La speranza resta nel fatto che quegli anni non si ripetano. "Ci credo anche, a patto che l'allarme venga recepito, che non si sottovaluti quello che sta avvenendo", ha aggiunto. Come replica alla domanda su alcuni episodi che si sono verificati in più università, "questo atteggiamento di confondere una vicenda drammatica come quella che si sta vivendo in Israele e Palestina con la possibilità di fare piazza pulita di ciò che ha l'odore di israeliano e di ebreo fa tornare a galla un antisemitismo che evidentemente c'è ancora in maniera molto più forte di quello che immaginavamo". Infine, un commento sulla decisione della scuola di Pioltello di chiudere nel giorno di fine Ramadan. "Le regole dicono che i giorni di vacanza sono decisi da Stato e Regione, non dalle singole scuole che al massimo possono cambiare qualcosa per motivi didattici - sottolinea -. Credo che ciascuno debba stare dentro le regole. Se una Regione deciderà che il giorno in cui si festeggia la Pasqua ebraica o il Ramadan è festa, allora ci inchineremo.

Finché questo non c'è - conclude - è sbagliato immaginare che sia giusto quello che ha fatto Pioltello".

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